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28 Giugno 2023 - 08:45
Sedici arresti nel clan Contini, c’è pure il ras Alfredo De Feo. Blitz tra l’Arenaccia, il Vasto e Volla: decapitati i vertici economici della cosca
NAPOLI. Definirlo un clan camorristico sarebbe oggi un eufemismo. L’ultima dirompente inchiesta condotta dai carabinieri conferma non soltanto la perdurante operatività del gruppo Contini, ma rivela come la cosca sia nel tempo diventata una holding del crimine in grado di abbracciare i più disparati rami dell’economia illegale: dal traffico di droga all’usura, dal gioco d’azzardo all’estorsione, passando per il comparto del food e del riciclaggio.
Quella che ne è scaturita all’alba di ieri è stata l’ennesima retata: un’operazione frutto dell’esecuzione di due ordinanze di custodia cautelare, che ha portato all’arresto di sedici persone. Tra queste spiccano alcuni degli storici pezza da novanta del clan capofila dell’Alleanza di Secondigliano: il boss Alfredo De Feo, tornato al comando tra il 2016 e il 2020 in seguito alla scarcerazione, Vincenzo De Feo, imprenditore-ristoratore e dominus della cosca nella zona di Capodichino, ma anche Gaetano Ammendola, rampollo della cosca, e Gaetano Attardo.
La delicata indagine è stata condotta dai carabinieri del nucleo Investigativo di Napoli e della compagnia di Napoli Stella sotto il coordinamento della Procura antimafia. Ieri mattina i militari dell’Arma hanno eseguito l’arresto di 16 persone, ritenute gravemente indiziate, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, estorsione, usura, esercizio abusivo di attività finanziaria, trasferimento fraudolento di valori, riciclaggio, autoriciclaggio e false fatturazioni per operazioni inesistenti, reati aggravati dalla finalità di agevolare il clan Contini.
Dall’attività di indagine sarebbero emersi in particolare la connessione tra il clan e il gioco d’azzardo, controllato in modo monopolistico nel quartiere Vasto-Arenaccia; condotte estorsive ai danni di debitori per ottenere la restituzione della somma capitale prestata e degli interessi pattuiti; il ricorso a società cartiere che, destinate a giustificare operazioni inesistenti con l’emissione di fatture false, avrebbero ricevuto e “ripulito” il denaro di provenienza illecita, tra cui proprio quello originato dalle bische clandestine; episodi di fittizia intestazione di beni, funzionali all’ipotizzata attività di riciclaggio ed all’elusione dei controlli antifrode. Il gip ha inoltre disposto il sequestro preventivo, anche nella forma per equivalente, di quote societarie riconducibili agli indagati e di oltre 3 milioni di euro.
Dall’ordinanza che vede protagonisti Alfredo De Feo, Gaetano Ammendola e Vincenzo Madonna emerge il ruolo assolutamente verticistico che i tre ricoprirebbero oggi all’interno del clan. Il boss De Feo, luogotenente della cosca a San Giovanniello, fino al 2020 sarebbe stato l’indiscusso gestore del traffico di droga, del racket e avrebbe gestito la cassa comune del clan. Il ristoratore Madonna, fedelissimo di De Feo, avrebbe gestito il reimpiego di capitali illeciti tra Capodichino e San Carlo all’Arena. Ammendola sarebbe stato infine l’alter ego del padre ras Giuseppe Ammendola, per conto del quale avrebbe fatto da tramite con i vertici della cosca.
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