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Così i pentiti incastrano De Feo

Così i pentiti incastrano De Feo

Armando Morra, vicino ai Sacco-Bocchetti: «Procurai delle pistole a lui e a un suo uomo». Il nipote di “Zì Fefè”: «Anche quando mio zio era latitante venivano a casa mia per incontrarlo»

NAPOLI. «Anche quando mio zio era latitante gli altri del clan venivano a casa mia per incontrarsi con lui». L’accusa più genuina a carico di Alfredo De Feo alias “Zì Fefé”, reggente dei Contini sul territorio fin quando è rimasto in libertà, forse è quella del nipote Vincenzo De Feo, coinvolto nella malavita da giovanissimo e poi passato tra le file dei collaboratori di giustizia. Ma a indicarlo come un personaggio di grande spessore sono stati diversi pentiti di varie organizzazioni, ricostruendo il suo ruolo dall’inizio della carriera criminale. Il tutto condensato nell’ordinanza di custodia cautelare per associazione mafiosa che lo scorso 27 giugno è piovuta sulla testa del 53enne ras, già detenuto per vicende diverse.

A dimostrazione della considerazione goduta in seno al clan Contini, gli investigatori ritengono che fu proprio l’agguato ad Alfredo De Feo a dare il via alla sanguinosa faida del 1999 con i Mazzarella. L’allora giovane affiliato si trovava nel bar in cui avvenne il triplice omicidio e si salvò per un pelo. In quell’occasione «sarebbero stati colpiti anche Salvatore e Carmine Botta se non fossero arrivati tardi all’appuntamento con lui». Più specifiche sono state le dichiarazioni di Armando Morra, vicino ai SaccoBocchetti di Secondigliano ma con compiti d’ordine nel gruppo criminale e proprio per questo in rapporti costanti con i vertici della cosca dell’Arenaccia.

Con la consueta premessa che le persone citate devono essere ritenute estranee ai fatti narrati fino a prova contraria, ecco alcuni dei passaggi più importanti del racconto che ha fatto Morra ai pm antimafia. «Prima del suo arresto, attraverso Ciro De Magistris ho procurato 2 pistole, una “Smith & Wesson” calibro 38 e una 9x19 ad Alfredo De Feo e a tale Pio Paolo, un uomo che stava sempre insieme a De Feo, da me conosciuto anche come “Zì Fefè”. Quest’ultimo appartiene al clan Contini e gestisce la zona di San Giovanniello insieme a “o’ peccerillo” e ad Ettore che abitava alle Case Nuove. In quell’occasione seppi che il clan Contini e De Feo avevano intenzione di uccidere qualcuno».

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