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03 Luglio 2023 - 08:35
NAPOLI. Anche luglio è sempre stato un mese rovente per la criminalità organizzata napoletana. Lo fu nel 2007 in particolare, quando entrarono in contrasto clan storicamente alleati sia a Barra che a Secondigliano. Così caddero sotto il piombo di ex amici diventati improvvisamente nemici tre pregiudicati: uno vicino agli Aprea-Cuccaro; gli altri due gravitanti nell’orbita dell’Alleanza di Secondigliano e dei Licciardi in particolare. Il primo perse la vita nell’ambito di una guerra lampo con gli Alberto per una circostanza molto sfortunata e senza essere nemmeno organico alla cosca; Carmine Grimaldi e Giorgio Scarpato furono invece vittime di agguati intrinseci alla galassia della cosca con base alla Masseria Cardone. Ma la considerazione più inquietante, allora come oggi, emerge dalla fusione dell’analisi del passato con il presente: la fragilità delle alleanze tra clan. Con un’eccezione importante che sembra il classico caso di “nomen omen” (il destino nel nome in latino): l’Alleanza di Secondigliano, che fin dalla fondazione non è mai cambiata nella formazione composta dai Licciardi, i Contini e i Mallardo. Dunque, così come abbiamo scritto il mese scorso nelle pagine speciali a proposito di giugno dedicate alle storie di malavita, anche luglio è storicamente un mese caldo (non in senso atmosferico ovviamente) ed effervescente. Nel 2007 gli investigatori si trovarono di fronte a due guerre scoppiate all’improvviso e poco prevedibili: a Barra si ruppe l’asse tra gli Aprea-Cuccaro e gli Alberto mentre a San Pietro a Patierno il clan Grimaldi subì un attacco dai SaccoBocchetti. Ne fecero le spese personaggi molto diversi tra loro quanto a profilo criminale: Antonio Ritaccio non era organico al gruppo malavitoso mentre Carmine Grimaldi detto “Bombolone” era il ras a capo di una formazione insediata stabilmente sul territorio. Tant’è vero che attualmente, secondo l’ultima mappa delle forze dell’ordine, opera in sinergia con la Vanella Grassi. Di tutto ciò hanno parlato e soprattutto dello scenario complessivo diversi pentiti, tra cui Salvatore Lo Russo e Antonio Accurso.
IL SANGUE A BARRA, Tornando a Barra, il 13 luglio 2007 la risposta a una bomba della mattina contro l’abitazione di Massimo Alberto arrivò nel pomeriggio. Mancavano pochi minuti alle 17 quando due sicari massacrarono Antonio Ritaccio, 46enne napoletano di Barra ritenuto vicino agli Aprea ma senza legami organici né condanne a carico, sorprendendolo all’interno della merceria che gestiva con alcuni parenti. Proprio la presunta vicinanza della vittima con lo storico clan del quartiere condizionò gli investigatori: l’ordigno, si pensò, era stato un messaggio sinistro a uno dei fratelli ras del gruppo e a distanza di poco tempo era scattata la vendetta. Ritaccio (che abitava in via Bisignano, sempre a Barra) si trovava nel negozio in via Bernardo Quaranta, quindi nella parte della strada che non rientra più nel territorio di San Giovanni a Teduccio, e inutilmente cercò scampo fuggendo verso il retrobottega. Gli investigatori (squadra mobile e commissariato San Giovanni-Barra) lo capirono dalla posizione del cadavere e dai rilievi eseguiti dalla polizia scientifica. Non furono trovati infatti testimoni e quindi non si è mai potuto stabilire se il 46enne (avrebbe compiuto 47 anni il successivo 28 novembre) nel momento dell’agguato fosse solo o in compagnia di persone rapidamente allontanatesi dalla zona. Aveva denunce a carico, senza condanne definitive, per droga e rapina ma non per associazione camorristica. Era ritenuto vicino agli Aprea sulla base di controlli in compagnia di esponenti del gruppo con base in corso Sirena. La sua morte non fu collegata ad altre inchieste: probabilmente era il bersaglio più facile da colpire, trovandosi quotidianamente nel negozio, per una rapida vendetta.
IL TERRORE NELL’AREA DI SECONDIGLIANO. Un altro clamoroso “botta e risposta” si verificò nell’area di Secondigliano, tra il 17 e il 18 luglio del 2007. Nella piazzetta principale di San Pietro a Patierno fu ammazzato Carmine Grimaldi “Bombolone”. Stava fumando tranquillamente una sigaretta, in attesa probabilmente di qualcuno, quando 2 sicari in moto gli si avvicinarono e lo freddarono da distanza ravvicinata incuranti della presenza dei bambini che giocavano tra loro. Il giorno dopo il 51enne Giorgio Scarpato finì nel mirino ad Arzano, cittadina in cui i legami con il quartiere napoletano a livello di malavita erano e sono tuttora forti. Per gli inquirenti non c’è mai stato dubbio che gli episodi fossero collegati.
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