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Finanzieri corrotti dal manager, alla sbarra il “sistema” Scavone

Finanzieri corrotti dal manager, alla sbarra il “sistema” Scavone

Alla sbarra l’ex patron di Alma e due militari. Prosciolti nove pubblici ufficiali

NAPOLI. Giro di tangenti e “omaggi” tra pubblici ufficiali per agevolare gli affari dell’imprenditore Luigi Scavone, l’inchiesta che ha sgominato la rete di connivenze dell’ex patron del colosso Alma arriva al primo sbocco giudiziario. La Procura di Napoli ha ottenuto il rinvio a giudizio, oltre che per il manager Scavone, anche per i finanzieri Alfonso Mattiello e Rosario Brilla. Archiviate invece le posizioni dei militari Giulio Tortale, Emilio Vitale, Michele D’Aniello, Giuseppe Vaccaro, Vincenzo Abate, Vincenzo Vitiello, Raffaele Stabile, Paolo Stabile e Francesco Maione, per i quali il gip ha stabilito il proscioglimento. I tre imputati sono attesi per il 6 ottobre davanti ai giudici della terza sezione penale per l’avvio del dibattimento. L’inchiesta aveva fatto luce su una serie di “regali” che Scavone avrebbe offerto agli “amici” in divisa per evitare accertamenti finanziari e controlli all’aeroporto di Capodichino. A ottobre scorso la Cassazione, dando seguito al precedente pronunciamento del Riesame, ha accolto la richiesta della Procura di applicare al manager casertano la misura cautelare degli arresti domiciliari. Tegola anche per quattro pubblici ufficiali accusati di aver a vario titolo favorito gli affari di Scavone, intascando lussuosi soggiorni all’estero, biglietti per le partite del Napoli o per le gare della MotoGp. La Cassazione aveva infatti disposto l’interdizione per il finanziere Alfonso Mattiello, il finanziere Giulio Tortale, il poliziotto marittimo Vincenzo Abate e il militare della guardia costiera Vincenzo Vitiello: misure interdittive dalla durata compresa tra i sei e i 12 mesi. L’unico ricorso accolto dai giudici di piazza Cavour era stato quello proposto dall’avvocato Saccomanno, difensore del finanziere Rosario Brilla, che è dunque rimasto regolarmente in servizio. Tornando invece all’indagine, gli inquirenti ipotizzano, sulla scorte di decine di intercettazioni e successive confessioni, che Luigi Scavone, tra il 2015 e il 2019, abbia assoldato oltre dieci pubblici ufficiali, quasi tutti militari della guardia di finanza in servizio a Napoli, i quali si sarebbero “messi a disposizione” garantendogli la mancanza di controlli fiscali e valutari, oltre a informazioni di natura investigativa. Agli atti dell’inchiesta c’erano anche le scottanti dichiarazioni accusatorie rese da Francesco Barbarino, fedelissimo di Scavone e anch’egli manager di Alma, il quale il 28 ottobre 2020 ha rivelato: «Ho preso in diverse occasioni l’aereo da Capodichino in compagnia di Scavone, in almeno un’occasione si trattava del suo aereo privato. In tali occasioni venivamo trattati come se fossimo polizia giudiziaria, infatti due finanzieri venivano sempre a scortare Scavone», aggiungendo che «Scavone aveva al massimo un controllo blando come quello descritto per il mio bagaglio, anche perché se la vicinanza con Scavone faceva sì che non controllassero me, di certo simile accortezza era riservata anche a lui che era il “capo”. Non era lui “amico” dei finanzieri, ma erano i finanzieri “amici” suoi».

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