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Camorra, un nuovo pentito tra i Contini

Camorra, un nuovo pentito tra i Contini

Patrizio Russo svela i segreti del sottogruppo dell’Alleanza di Secondigliano: «Davo i pizzini al figlio Vincenzo»

NAPOLI. A incastrare gli Attardo, a cominciare da Gaetano Attardo, è stata una gola profonda: un imprenditore che prima lo ha denunciato e poi è diventato un collaboratore di giustizia dando il là al blitz del 27 giugno scorso con gli arresti dei 5 esponenti della famiglia legata ai Contini. Ai pm antimafia ha raccontato del prestito iniziale a tassi usurai fino a quando acconsentì a favorire la latitanza del ras, affittandogli un appartamento a Castel Volturno. Ma a un certo punto Patrizio Russo si è reso conto di trovarsi in una situazione senza uscita: gli interessi sul debito contratto non finivano mai e il capitale da restituire restava sempre lo stesso. Un buco finanziario in cui stava affogando e così ruppe gli indugi, varcando l’ingresso della questura di Napoli per denunciare il 59enne di via D’Avalos legato al clan Contini. Martedì scorso sono stati i carabinieri del Nucleo investigativo di Napoli e i colleghi della compagnia Stella a eseguire l’ordinanza di custodia cautelare che ha portato dietro le sbarre i fratelli Gaetano Attardo e Salvatore Attardo e Pasquale Attardo, Vincenzo Attardo e Michele Attardo, loro figli e nipoti (comunque tutti da considerare innocenti fino all’eventuale condanna definitiva). Dalle indagini condotte dai militari dell’Arma, coordinate dalla procura antimafia, sono emersi una serie di reati: condotte estorsive ai danni di debitori per ottenere la restituzione della somma capitale prestata e degli interessi pattuiti; il ricorso a società cosidette cartiere che, destinate a giustificare operazioni inesistenti con l’emissione di fatture false, avrebbero ricevuto e “ripulito” il denaro di provenienza illecita, tra cui quello originato dalle bische clandestine; episodi di fittizia intestazione di beni, funzionali all’ipotizzata attività di riciclaggio ed all’elusione dei controlli antifrode. Patrizio Russo, nel ripercorrere i cinque anni in cui avrebbe subito i diktat di Gaetano Attardo, ha raccontato anche come aiutò il ras nella latitanza. È una tipica storia di camorra, ma con qualche particolarità. «Mi fu imposto di aiutare Gaetano Attardo nel periodo della latitanza circa un mese prima del mio arresto. L’imposizione derivava dal fatto che ero debitore nei suoi confronti. Gli facevo compagnia, la sera mangiavo con lui e quasi tutte le notti dormivo anche nella stessa abitazione di Castel Volturno in cui mi avete rintracciato: presa in fitto attraverso una mia amica nei pressi della mia casa di villeggiatura. In alcune occasioni lui mi consegnava dei biglietti su cui aveva scritto a mano, li chiudeva nell’involucro di cellophane dei pacchetti di sigarette e li rinchiudeva con l’accendino sigillandoli». Russo ha poi messo a verbale altri dettagli: «Io provvedevo poi a consegnarli al figlio Vincenzo Attardo, che incontravo per strada in luoghi sempre diversi. Io giravo a piedi nella zona in cui abita e quando lo vedevo gli davo i pacchetti. Non mi sono mai sentito con “Enzo” perché non mi chiamava mai per paura di essere intercettato».

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