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06 Luglio 2023 - 08:00
NAPOLI. Ammazzato a colpi di pistola per la tragica somiglianza con il pusher inviso all’emergente ras, per il presunto killer del 19enne Antimo Giarnieri arriva la condanna di primo grado. Tommaso Russo, elemento di spicco del gruppo Barbato, temibile costola del clan Moccia, ieri mattina ha rimediato 30 anni di reclusione: una pena severa, ma ben inferiore a quella dell’ergastolo, richiesta invece dal pubblico ministero. Russo, difeso dall’avvocato Claudio Davino, ha infatti schivato il carcere a vita grazie all’esclusione, da parte dei giudici della Seconda sezione della Corte d’assise di Napoli, dell’aggravante dei motivi futili e abietti. Circostanza tutt’altro che trascurabile: sulla testa di Russo pendeva la compromettente confessione involontaria resa nel corso delle indagini. Ignaro di essere sotto intercettazione, il presunto sicario, parlando al telefono con la madre, aveva infatti ammesso il coinvolgimento nel delitto. Quello del giovanissimo Giarnieri è uno degli omicidi che più ha sconvolto l’opinione pubblica negli ultimi anni. Il 19enne fu assassinato a Casoria la notte dell’8 luglio 2020 all’interno della piazza di spaccio nota come Parco Smeraldo. In un primo momento si ipotizzò un coinvolgimento della vittima in un giro di droga, ma già dopo poche settimane le indagini imboccarono la giusta direzione: il 19enne non soltanto non aveva alcun legame con il crimine, ma era stato addirittura ucciso per errore. Il vero obiettivo del raid, stando a quanto emerso dall’inchiesta, sarebbe stato infatti un giovane aspirante ras, Ciro Lucci, entrato in rotta di collisione, proprio le proprie ambizioni criminali, con l’egemone clan diretto da Salvatore Barbato: gruppo di cui Tommaso Russo sarebbe stato un esponente di punta, tanto da assumere il “delicato” incarico di portare a termine un’azione di fuoco. Gli esiti dell’agguato furono però a dir poco drammatici, dal momento che nella sparatoria rimase tra l’altro coinvolto anche un secondo innocente: il minorenne Salvatore C., amico del 19enne Antimo Giarnieri. L’ipotesi dello scambio di persona era definitivamente decollata grazie al racconto fornito da un giovane testimone, Daniele P., che ai carabinieri aveva raccontato: «Il giorno prima dell’omicidio Ciro aveva litigato con Gioacchino F., un ragazzino esterno alla nostra comitiva, che io sappia per una vendetta di Lucci, in quanto lo stesso prima che finisse carcerato, più o meno tre anni fa, ricevette da Gioacchino una coltellata. Inoltre sapevamo tutti e tre che questo Ciro, da quando è uscito dal carcere, ha fatto carne da macello in tutta Casoria, soprattutto negli ultimi tempi, ovvero gli ultimi due-tre mesi, nel senso che si è trovato in diverse occasioni a picchiare diverse persone. Quindi non era benvoluto». Ad andarci di mezzo è stato però l’innocente Antimo Giarnieri, ucciso a soli 19 anni da quattro colpi di pistola esplosi a bruciapelo da distanza ravvicinata. A premere il grilletto sarebbe stato invece Russo, che nel corso dell’ultima udienza ha anche ammesso gli addebiti.
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