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10 Luglio 2023 - 09:16
Blitz anticamorra nei confronti del clan Cesarano, attivo a Castellammare di Stabia: ordinanze restrittive per 18 persone. Sono 14 gli indagati finiti in carcere, uno sottoposto agli arresti domiciliari e quattro, due dei quali già destinatari di misura cautelare in carcere, sono stati sottoposti al divieto di dimora nella provincia di Napoli. Tra le vittime di estorsione anche un parente del narco-trafficante internazionale e ora collaboratore di giustizia Raffaele Imperiale.
L'ordinanza di custodia cautelare è stata emessa dal gip del tribunale partenopeo su richiesta della locale Dda. I reati contestati, a vario titolo, ai 18 indagati sono: associazione armata di tipo mafioso, tentato omicidio, estorsione aggravata dal metodo mafioso, porto illegale di arma clandestina aggravato dal metodo mafioso, rapina aggravata dal metodo mafioso, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di detenuti.
Le indagini, condotte dai carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Castellammare di Stabia e coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli, sono iniziate nel giugno del 2020, all'indomani della chiusura di una prima tranche di investigazioni che aveva consentito di raccogliere gravi indizi di colpevolezza a carico di 16 persone, accusati a vario titolo di aver dato vita ad un gruppo criminale, originariamente incardinato nel clan Cesarano che, sfruttando la momentanea assenza di una vera e propria leadership all'interno del gruppo criminale, si sarebbe organizzato per assoggettare al suo controllo parte del territorio di Castellammare di Stabia, attuando una serie di estorsioni ai danni di commercianti ed attività imprenditoriali della zona e, parallelamente, avviando una florida attività di spaccio di sostanze stupefacenti.
L'indagine aveva portato all'emissione di un'ordinanza di custodia cautelare eseguita dai militari dell'Arma nell'ottobre del 2021 e anche alla condanna di alcuni imputati che, nel frattempo, hanno definito la propria posizione con il rito abbreviato. Il prosieguo delle attività investigative è stato indirizzato agli aspetti associativi ed ha permesso di raccogliere gravi indizi circa l'attuale operatività del clan Cesarano, quale associazione armata di tipo mafioso con lo di perpetrare estorsione, traffico di droga e detenzione di armi, finalizzata all'acquisizione del controllo delle attività illecite e lecite di Castellammare di Stabia, di Pompei e delle zone limitrofe.
Al vertice di questa organizzazione criminale - si legge in una nota dell'Arma - ci sarebbero Vincenzo Cesarano, detto 'O Mussone', Luigi Belviso e Giovanni Cafiero, i quali, secondo l'ipotesi accusatoria, avrebbero posto in essere condotte di carattere organizzativo e direttivo, con poteri di supremazia ed indirizzo sugli affiliati. In particolare, Cesarano, cugino degli storici vertici del clan Ferdinando e Gaetano Cesarano, entrambi detenuti in regime di 41 bis, avrebbe gestito la cassa del clan, impartendo le direttive strategiche, mentre Cafiero, genero di Gaetano Cesarano, oltre a partecipare alle riunioni nelle quali venivano decise le strategie del gruppo e la questione del sostentamento degli affiliati detenuti, si sarebbe occupato del recupero dei crediti maturati da vari imprenditori. Belviso, invece, oltre a promuovere specifici reati avrebbe intrattenuto rapporti con esponenti di clan dell'area napoletana.
Nel 2021, inoltre, avrebbe tentato invano di separarsi da Vincenzo Cesarano e di assumere la guida del clan. Nel corso delle indagini sono stati acquisiti gravi indizi di colpevolezza in merito alla commissione di numerose estorsioni nell'area stabiese, perpetrate ai danni negozi, attività imprenditoriali, ricettive e commerciali. Nella morsa del clan sarebbe finito anche un familiare di Raffaele Imperiale, oggi collaboratore di giustizia e titolare di un'impresa edile, che, di fronte alla richiesta di 50mila euro da parte di un affiliato del clan, avrebbe invocato l'intervento del noto narcotrafficante, all'epoca latitante: quest'ultimo, grazie a vari emissari riconducibili ad alcuni gruppi criminali campani, avrebbe contattato Vincenzo Cesarano che avrebbe preso le distanze dal suo affiliato.
Le risultanze delle attività investigative hanno anche permesso di ricostruire il tentativo degli indagati di ripulire i proventi delle attività illecite attraverso il reinvestimento in beni mobili e in settori imprenditoriali di natura lecita come quello del noleggio auto, quello nautico e quello edile- immobiliare. Nel corso dell'attività d'indagine sono poi emersi gravi indizi di colpevolezza a carico di Luigi Belviso quale autore di una rapina a mano armata avvenuta a Pompei e a carico di un altro indagato quale mandante di un tentato omicidio, per il quale era stato ipotizzato un movente passionale e già arrestati e condannati in primo grado i due esecutori materiali. Nel corso delle investigazioni sono state poi documentate alcune cessioni di sostanze stupefacenti e sono emersi gravi indizi di colpevolezza a carico di quattro indagati che avrebbero utilizzato e comunicato con cellulari e sim indebitamente introdotti all'interno del carcere di Secondigliano a Napoli.
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