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13 Luglio 2023 - 10:35
Sequestro Pettirosso, verdetto ribaltato: assolti i quattro emissari dei clan. L’unica condanna per Stefano Di Fraia, che rimedia 20 anni di carcere
NAPOLI. Il super pentito sconfessa i riconoscimenti effettuati dalla vittima e in un colpo solo vengono spazzate via quattro condanne. Il processo di secondo grado che ha visto alla sbarra parte del commando ritenuto responsabile del rapimento dell’operaio Stefano Pettirosso si è concluso ieri mattina con un clamoroso colpo di scena. La Seconda sezione della Corte d’assise d’appello di Napoli, ribaltando il verdetto di primo grado, ha assolto Giuseppe Calemma, difeso dall’avvocato Dario Carmine Procentese, Pietro Gemito, difeso dagli avvocati Procentese e Renato D’Antuono, Ciro Montagna, difeso da Andrea Taglioni e Luigi Monaco, e Gennaro Rianna, difeso da Michele Di Fraia: tutti in primo grado avevano incassato vent’anni di reclusione a testa, ma i giudici di appello hanno stabilito che in realtà non hanno commesso il fatto.
L’unica condanna è stata quella rimediata da Stefano Di Fraia, difeso dall’avvocato Gandolfo Geraci, la cui pena è stata rideterminata da 30 a 20 anni. Determinati Il rapimento di Stefano Pettirosso, figlio di un noto contrabbandiere di Chiaiano, è stato uno fatti di cronaca più eclatanti e controversi degli ultimi anni. Al sequestro, finalizzato a ottenere un riscatto di 40mila euro, avevano preso parte del resto il 13 febbraio 2020 esponenti di punta e “soldati” di quasi tutti i principali clan attivi nella periferia nord di Napoli: dalla Vanella Grassi ai reduci dei Lo Russo, passando per gli attuali reggenti degli Scissionisti nella zona di Scampia e Secondigliano.
Le indagini avevano portato nel giro di pochi mesi all’esecuzione di oltre dieci arresti e sia nel rito abbreviato che in quello ordinario era arrivata una raffica di condanne a dir poco severe. Per gli imputati reduci dal dibattimento il verdetto è stato però ribaltato. La svolta è arrivata soprattutto in seguito al pentimento di Salvatore Roselli “Frizione”, boss dei Sette Palazzi di Scampia per conto del clan Amato-Pagano, ritenuto a sua volta partecipe del sequestro Pettirosso.
L’ex ras ha non soltanto sostenuto la propria estraneità alla vicenda, ma ha anche spiegato, sulla scorta di quanto gli avrebbe rivelato quel giorno il coimputato Gennaro Caldore, che al sequestro dell’operaio non avrebbe preso parte nessuno dei cinque condannati nel rito ordinario. Una ricostruzione scottante, che ha finito per ribaltare persino i riconoscimenti effettuati in aula dalla vittima del raid. A blindare le rivelazioni di Roselli ci ha pensato poi l’avvocato Dario Carmine Procentese, il quale ha fornito alla Corte una serie di importanti riscontri: su tutti, il fatto che Roselli e Caldore fossero stati effettivamente detenuti insieme a Santa Maria Capua Vetere e depositando le dichiarazioni del pentito Emanuele Pancia, il quale confermava l’incontro avvenuto tra Caldore e Roselli. Per i quattro assolti è scatta dunque anche la scarcerazione.
Tornano così a piede libero Calemma, fedelissimo dell’ex boss Roselli, Gemito, nipote dei ras Raia di Scampia, e gli insospettabili Rianna e Montagna.
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