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14 Luglio 2023 - 09:29
Omicidio di Vincenzo Siervo, fine pena mai per il ras Francesco “’o cecce”. Stangata per il presunto killer, determinanti le accuse di ben 13 pentiti
NAPOLI. Sulla sua testa pendevano le accuse di ben tredici collaboratori di giustizia, i quali nel corso degli anni l’hanno indicato con sicurezza estrema come l’esecutore materiale dell’omicidio di Vincenzo Siervo “’o paccon”, uomo di punta del clan Mazzarella assassinato il 25 gennaio 1998 a Casoria, all’alba dell’eterna faida che ancora oggi vede la cosca con base tra San Giovanni a Teduccio e Poggioreale contrapporsi all’Alleanza di Secondigliano. Schiacciato da un quadro indiziario a dir poco granitico, Francesco Favella “’o cecce”, storico capozona dei Moccia, clan alleato dell’Alleanza di Secondigliano, ieri mattina è stato condannato alla pena massima: l’ergastolo. I giudici della Prima sezione della Corte d’assise di Napoli hanno dunque inflitto al presunto killer il carcere a vita, come richiesto dal pubblico ministero in sede di requisitoria. Favella, dal canto suo, nel corso del processo non ha mai profferito parola. L’inchiesta sul cold case era arrivata a una svolta nel febbraio dello scorso anno, quando la Procura di Napoli ha dichiarato concluse le indagini preliminari per quattro sospettati.
Dopo l’arresto del presunto mandante del delitto, il capozona dei Moccia Mauro Franzese, la Direzione distrettuale antimafia aveva così dichiarato chiuse le indagini anche per altri quattro storici volti della mala di Napoli Nord: Francesco Favella (indagato a piede libero), il pentito Salvatore Scafuto “’a carogna” e Marcello Di Domenico, anch’egli da tempo collaboratore di giustizia. Mauro Franzese, capozona a Casoria per conto dei Moccia secondo i più esperti investigatori anticamorra, nell’ottobre 2021 si è ritrovato con un’accusa in più sul groppone: quella dell’omicidio di Vincenzo Siervo “’o paccon”, affiliato ai Mazzarella, vittima di un agguato morale nella cittadina a nord di Napoli il 25 gennaio 1998.
Il movente del delitto risiederebbe nella duplice nella ricostruzione di inquirenti e investigatori. Il clan Moccia era legato all’Alleanza di Secondigliano, storicamente in guerra con i Mazzarella, e inoltre Vincenzo Siervo, come hanno poi raccontato i due collaboratori di giustizia, avrebbe ferito il fratello di Mauro Franzese, Antonio, durante la “strage del mercato ortofrutticolo di Casoria”, avvenuta nel 1990 e in cui perse la vita un innocente, un ragazzo di appena 11 anni. Nell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal giudice per le indagini preliminari di Napoli si legge che l’uccisione di Vincenzo “’o paccon” ha segnato la storia della criminalità organizzata napoletana, avendo dato inizio alla faida, sino a quel momento latente, tra il clan Mazzarella e il cartello camorristico dell’Alleanza di Secondigliano che intratteneva “buoni rapporti” con i Moccia. Una guerra che vale la pena ricordarlo tra alti e bassi continua ancora oggi. Inoltre, per il clan Moccia l’omicidio rappresentò una scelta strategica in quanto l’uomo dei Mazzarella da Napoli si era trasferito a Casoria, territorio in cui operava in regime di monopolio il clan Moccia. La sua presenza non era dunque “gradita”.
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