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17 Luglio 2023 - 08:24
NAPOLI. «Dovetti trasferirmi all’estero perché un boss di Santa Maria La Carità voleva uccidermi. Mio fratello aveva aperto un coffee in Olanda e lo raggiunsi». Tra i misteri della vita di Raffaele Imperiale, per un periodo il narcotrafficante più ricco del mondo. appassionato delle opere di Van Gogh, c’è l’allontanamento da Castellammare di Stabia e Pompei in gioventù. Il motivo non si era mai saputo, ma ora lui stesso lo ha chiarito ai pm antimafia. Insieme con due amici aveva picchiato un ragazzo che aveva comprato droga da lui e che andò in coma a causa del pestaggio. Era il figlio di un capoclan e per evitare la vendetta fu costretto a sparire. «Quando ho iniziato a spacciare droga - ha messo a verbale il super narcos oggi collaboratore di giustizia - nonostante il parere contrario dei mei genitori che volevano facessi una vita retta, ricordo un ragazzo che veniva a comprarla da me e che picchiai selvaggiamente non mi ricorso per quale motivo insieme con Vincenzo Procida e un altro di cui non rammento il nome. Il ragazzo picchiato andò in coma e siccome era il figlio di un boss di Santa Maria La Carità, costui si rivolse ai Cesarano per chiedere soddisfazione. Al che Gaetano Cesarano chiamò mio padre per dirgli che i Cesarano non potevano più proteggermi e quindi la soluzione migliore era che mi allontanassi dalla zona stabiese. Quell’episodio mi spinse a trasferirmi in Olanda, visto che mio fratello aveva aperto là un coffee shop».
LE RIVELAZIONI INEDITE DEL NARCOTRAFFICANTE. Le dichiarazioni di Raffaele Imperiale sono recenti e ovviamente inedite. Nell’interrogatorio reso ai pm antimafia il 17 gennaio scorso “Lelluccio Ferrarelle” ha rivelato anche un’altra circostanza molto particolare risalente al periodo dell’adolescenza. «Mio padre, per poter svolgere l’attività di imprenditore edile, aveva bisogno di non avere nemici nella criminalità organizzata. Mio padre, scomparso alcuni mesi fa, oltre ad aver costruito parchi e palazzi a Castellammare e Gragnano, è stato anche dirigente sportivo di calcio. Ricordo che si trovò pure coinvolto, non volendo e senza far parte di alcun clan, nella faida tra i D’Alessandro e gli Imparato, tant’è vero che furono esplosi dei colpi d’arma da fuoco nei pressi della mia abitazione. Da piccolo sono stato anche oggetto di un tentato sequestro di persona da parte di soggetti di Gragnano, cani sciolti. Molto stretto era il rapporto con i Cesarano, in particolare ho conosciuto Ferdinando e Gaetano Cesarano che da giovani frequentavano la mia abitazione».
GLI INVITI DECLINATI. Crescendo come narcos internazionale, Raffaele Imperiale si legò agli Amato-Pagano in esclusiva e ha raccontato che perciò non ha mai aderito agli inviti dall’area stabiese a trafficare droga. «Dal carcere Vincenzo Cesarano “’o mussone” mi chiedeva tramite Antonio Inserra di fare affari insieme con la droga, ma io rispondevo che ero legato agli Amato-Pagano e ciò non mi consentiva di avere rapporti con altri clan». Va sottolineato che tutte le persone citate dal pentito devono essere ritenute estranee ai fatti narrati fino a prova contraria.
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