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Clan Giannelli, l’inferno di Cavalleggeri

Clan Giannelli, l’inferno di Cavalleggeri

NAPOLI. Alessandro Giannelli dal carcere di Voghera era un fiume in piena. Grazie al telefonino che utilizzava soprattutto per videochiamate attraverso whatsapp si informava di tutto ciò che accadeva a Cavalleggeri e a Bagnoli, dava ordini, chiedeva se fossero stati eseguiti e suggeriva anche i dettagli dei piani operativi. Dalle intercettazioni sono emersi sia la pervicacia del ras che la ricerca di armi da fuoco efficaci, come l’”Uzzitiello” (Uzi) di cui parlava con un suo sodale nell’inchiesta culminata nei sette arresti dell’altroieri. Nella vicenda compare anche una donna incensurata, utilizzata secondo l’accusa per il recupero delle armi da fuoco, ma il gip per lei ha respinto la misura cautelare e così è indagata a piede libero. Per tutti naturalmente vale la presunzione d’innocenza fino all’eventuale condanna definitiva. Tra gli episodi ricostruiti nell’ordinanza di custodia cautelare c’è l’aggressione alla madre di un presunto affiliato al clan Giannelli: Cesare Ciro Di Giulio (destinatario della misura cautelare ma al momento irreperibile). Dal tenore delle conversazioni si capisce che il ras voleva vendicarsi di due persone, padre e figlio, individuati come i responsabili dell’affronto. Ma la vendetta doveva essere esemplare e come nel caso della famiglia di Francesco Paolo B. costretta a lasciare Cavalleggeri per trasferirsi altrove (di cui abbiamo scritto ieri), anche i P. avrebbero dovuto spostarsi come abitazione altrove. Inoltre, la loro piazza di spaccio sarebbe stata chiusa per almeno 4-5 giorni. Nella ricostruzione degli uomini del clan, la madre di Cesare Ciro Di Giulio fu minacciata con una pistola. Cosicché Alessandro Giannelli ordinò dal carcere che l’arma dovesse essere consegnata ai suoi uomini liberi sul territorio. Per questo chiamò Maurizio Quotidiano (altro arrestato nel blitz), figlio di Pasquale detto “Kalibù”, personaggio storico della malavita di Bagnoli. Dall’intercettazione si capisce che padre e figlio nel mirino avrebbero dovuto lasciare, insieme a tutta la famiglia, il quartiere. Ecco alcuni passaggi della conversazione tra Alessandro Giannelli e Maurizio Quotidiano.

Giannelli: «Si deve vedere come fare per rintracciare questi due, padre e figlio».

Quotidiano: «Eh..». Giannelli: «Stanno chiusi dentro, perché sono andati due volte, ieri e adesso». Quotidiano: «Non voglio far vedere, quelli sgamano».

Giannelli: «Digli, questo è un consiglio che ti do. Per il momento te ne devi andare perché altrimenti vengono con le cose (presumibilmente le pistole, ndr) e ammazzano pure tua madre. Fammi sapere se lo puoi chiamare a modo tuo, già sai».

Nell’inchiesta compare un’unica donna, Zelinda Piscopo, incensurata ed estranea a contesti camorristici. Secondo l’accusa sarebbe stata contattata da Giannelli in persona per il recupero di armi da fuoco da consegnare ai sodali del clan e dal cellulare gli inquirenti hanno acquisito anche una fotografia nella quale compare con due pistole semiautomatiche in pugno. Il gip però ha respinto la richiesta di arresto.

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