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21 Luglio 2023 - 09:15
Accolti i ricorsi solo per “Zì Ciruzzo”, la compagna, il cognato Giuseppe Chiaro, e Vincenzo Criscuolo. L’inchiesta culminò in un blitz il 26 novembre 2019 che sgominò l’organizzazione dei Miracoli
NAPOLI. Clan Mauro del Rione Sanità, parola alla Cassazione. La prima sezione ha accolto il ricorso degli avvocati Domenico Dello Iacono e Sergio Lino Morra, limitatamente agli aumenti di pena a titolo di continuazione rinviando a un nuovo giudizio in Corte d’Appello, per il ras Ciro Mauro detto “Zì Ciruzzo”, la compagna Assunta Chiaro e il cognato Giuseppe Chiaro, Vincenzo Criscuolo “’o pechipp” e Carlo Fiorito. I giudici hanno invece respinto, confermando le condanne di secondo grado per Assunta Chiaro, Giuseppe Chiaro, Alessandro Alifante, Biagio D’Alterio, Guido De Matteo, Giovanni Vespoli, Pasquale Agnellino, Antonio Chiaro, Emanuele Imperatore, Gennaro Limongello, Giuseppe Marigliano, Alfredo Mauro, Salvatore Panaro, Francesco Riccio, Antonio Soraniello, Gaetano Taglialatela e Vincenzo Vacca.
«Il clan Mauro è il più forte». Così arringava i presenti Ciro Mauro durante un summit di camorra registrato dalla microspia piazzata in un locale nella sua disponibilità. Era il 2014 e da allora, secondo gli inquirenti e gli investigatori, il gruppo fece il salto di qualità: dal controllo della zona dei Miracoli all’intero rione Sanità in contrasto con i Sequino-Savarese per le estorsioni e il traffico di droga. Ma il 26 novembre 2019 lo Stato impose lo stop all’ascesa del boss soprannominato “Ciruzzo o’ milionario” (anche prima di Paolo Di Lauro essendo più grande d’età) e dei sodali con un’operazione culminata in 19 arresti.
Tra gli arrestati, oltre al capo, c’erano i due figli Alfredo e Giovanni, la convivente Assunta Chiaro e i fratelli di quest’ultima. La maggior parte di loro partecipava agli incontri, anche in casa di “Ciruzzo ’o milionario” in vico Pacella ai Miracoli, e in uno di essi Biagio D’Alterio esordì ricordando ai presenti chi fossero: «Noi non facciamo i salumieri, facciamo la malavita». I riscontri all’esistenza di un’associazione mafiosa con base ai Miracoli arrivarono poi anche dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Mario Lo Russo, Rosario De Stefano, Daniele Pandolfi, Gennaro Buonocore e Salvatore Marfè.
Furono i carabinieri della compagnia Stella (protagonisti principali dell’indagine), del nucleo investigativo del comando provinciale di Napoli e dei poliziotti della squadra giudiziaria del commissariato San Carlo Arena (per la parte che riguardava le estorsioni) a chiudere l’operazione “Stella nera” con l’esecuzione delle misure cautelari. I reati ipotizzati erano, a seconda delle varie posizioni, associazione per delinquere di stampo camorristico, associazione dedita al traffico di stupefacenti, estorsioni aggravate dal metodo e dalla finalità mafiosa. L’attività d’indagine permise di ricostruire le i mutamenti verificatisi negli assetti criminali del Rione Sanità di Napoli negli ultimi anni, ricostruendo l’organigramma e i ruoli ricoperti dagli affiliati al clan Mauro. Mentre con l’aiuto dei pentiti emerse il sistema di alleanze e le contrapposizioni che hanno contrassegnato la storia della criminalità del quartiere cittadino negli ultimi anni.
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