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27 Luglio 2023 - 07:45
NAPOLI. L’inchiesta che pochi giorni fa ha disarticolato un colossale traffico di stupefacenti tra la Spagna e Napoli perde un primo, importante pilastro. La Dodicesima sezione del tribunale del Riesame, escludendo tutte le aggravanti contestate, ha disposto l’immediata scarcerazione dei rampolli del clan Contini: i fratelli Gianmarco Ammendola e Antonio Ammendola, figli del ras detenuto “Peppe ’o guaglione”. I due presunti narcotrafficanti, rispettivamente difesi dagli avvocati Giuseppe Perfetto e Leopoldo Perone, alla luce dell’attenuazione delle esigenze di custodia cautelare hanno così ottenuto gli arresti domiciliari e hanno potuto lasciare il carcere di Secondigliano nel quale si trovavano reclusi dall’11 luglio scorso, giorno in cui è scattato il blitz che ha portato all’esecuzione di sette arresti. Ferma restando la presunzione di innocenza fino all’eventuale condanna definitiva, la scarcerazione dei due Ammendola potrebbe però innescare più di qualche fibrillazione negli ambienti criminali del centro storico. Originari del Borgo Sant’Antonio Abate, una delle roccaforti del clan Contini, Gianmarco e Antonio Ammendola attenderanno adesso ai domiciliari i futuri sviluppi dell’iter giudiziario. Sta di fatto che sarebbero stati proprio loro a finanziare le “operazioni”. Delle movimentazioni dalla Spagna all’Italia si sarebbe occupato invece l’imprenditore Ciro Orlando con il supporto del figlio Stefano. Uno schema quasi perfetto, che almeno per tutto il 2019 ha consentito alla holding di narcotrafficanti di importare da Barcellona a Napoli svariate tonnellate di droga, soprattutto hashish e marijuana. Circostanza alquanto singolare: la “roba” viaggiava sempre all’interno di camion formalmente deputati al trasporto di frutta destinata al Caan di Volla. I narcos erano però già da tempo nel mirino dei carabinieri del nucleo Investigativo di Napoli, che hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare a carico di sette persone. In carcere erano così finiti Antonio Ammendola, 32 anni, Gianmarco Ammendola, 30 anni, Pablo Lorusso, 38 anni, Diego Giarra, 35 anni, Ciro Orlando, 60 anni, e Stefano Orlando, 32 anni. Salvatore Caccavale, 60 anni, è finito agli arresti domiciliari, mentre sono indagati a piede libero Pasquale Incarnato, 56 anni, Francesco Licciardi, 49 anni, Sami Bodini, 59 anni, e Antonio Di Guido, 32 anni. I figli del boss “Peppe ’o guaglione avrebbero rappresentato il vertice dell’organizzazione. Antonio e Gianmarco Ammendola, quest’ultimo già coinvolto pochi anni fa nell’inchiesta “Tufò” su un grosso traffico di cocaina a Posillipo, avrebbero finanziato le importazioni di ingenti quantitativi di hashish e marijuana dalla Spagna, dove si recavano personalmente per organizzare le spedizioni in Italia. Ciro Orlando, anch’egli accusato di essere capo e promotore della holding, avrebbe curato le trattative con i fornitori del Marocco, mentre il figlio Stefano si sarebbe occupato dell’organizzazione degli scarichi nelle aree mercatali o nei depositi individuati dalla holding.
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