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Racket e pestaggi a Rimini, stangata al clan di Contini jr

Racket e pestaggi a Rimini, stangata al clan di Contini jr

Colpo da ko in Corte di Cassazione, otto condanne diventano definitive. Niente sconti per il ras Ciro “’o nirone”, che rimedia quasi 17 anni di carcere

NAPOLI. Pestaggi ed estorsioni a tappeto per imporre l’egemonia dell’Alleanza di Secondigliano in Emilia-Romagna, le condanne di secondo grado diventano definitive e per la paranza capeggiata dal ras Ciro Contini “’o nirone”, nipote del boss Eduardo Contini, arriva una nuova stangata. La Corte di Cassazione ha infatti confermato tutte le pene inflitte lo scorso anno in appello agli otto imputati: Ciro Contini, 16 anni e 8 mesi; Antonio Acampa, 11 anni e 4 mesi; Cosimo Nicolì, 13 anni e 4 mesi; Fabio Rivieccio, 10 anni e 8 mesi; Pasquale Palumbo, 8 anni e 4, mesi. Già i giudici della Corte d’appello di Bologna avevano invece confermato le condanne a carico di Francesco Capasso, Massimiliano Romaniello e Giuseppe Ripoli, che avevano rimediato rispettivamente 8 anni e 4 mesi, 8 anni e 8 mesi e 5 anni e 4 mesi di carcere.

L’inchiesta che ha dato spunto al processo definitosi nei giorni scorsi era scattata nell’ottobre 2018, quando i militari del nucleo Investigativo di Rimini seppero che in località Viserba di Rimini dietro un’attività di noleggio di autovetture gestita da napoletani si nascondevano attività illecite. Furono quindi avviate delle intercettazioni telefoniche e ambientali che consentivano di appurare la presenza a Rimini del sodalizio camorristico capeggiato da Ciro Contini, affiancato dal suo braccio destro Antonio Acampa e dai gregari Cosimo Nicolì e Armando Savorra, napoletani più che noti alle forze dell’ordine e da anni residenti in Rimini. In città si vedevano pure dei “pendolari del crimine”, che da Napoli venivano fatti affluire all’occorrenza per commettere azioni violente nei confronti di coloro che non obbedivano ai voleri del clan. Tra questi ultimi c’erano Pasquale Palumbo, Francesco Capasso e Fabio Rivieccio.

Attraverso le indagini si è poi saputo di pestaggi nei confronti di altri pregiudicati trasferitisi a Rimini. Contini junior insieme ai suoi sodali pestò infatti brutalmente un noto pregiudicato della zona, Pio De Sisto, frantumandogli con un martello una mano, e dopo pochi giorni il medesimo trattamento era stato riservato al pregiudicato Ripoli. Il rampollo Ciro Contini, intervenendo dalla casa circondariale di Rovigo nel corso del processo di appello, aveva dal canto suo ammesso di aver pestato De Sisto ma anche di averlo fatto perché quest’ultimo avrebbe provato a costringere sua sorella a firmare delle dimissioni in bianco da un attività commerciale dove prestava regolare attività lavorativa, negando dunque l’esistenza stessa dell’associazione mafiosa contestata dalla Procura. Il procuratore generale aveva però chiesto la conferma della sentenza emessa dal gup di Bologna e aveva rimarcato la pericolosità dei soggetti imputati, i quali nell’ottobre del 2018, stravolsero gli equilibri criminali nel riminese. La linea del pg venne quindi sostanzialmente accolta, sebbene Ciro Contini sia poi riuscito a ottenere un non trascurabile sconto di pena, cavandosela alla fine con meno di 17 anni. Condanna che però è adesso diventata definitiva.

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