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Clan Giannelli, rischio stangata al Riesame

Clan Giannelli, rischio stangata al Riesame

Nuove e vecchie leve della mala di Cavalleggeri in attesa del verdetto, il ras “Schwarz” rinuncia a fare ricorso

NAPOLI. Vecchie e nuove leve della mala di Napoli Ovest con il fiato sospeso in attesa dei verdetti del Riesame. Dopo la retata con cui il mese scorso è stato disarticolato il clan Giannelli di Cavalleggeri d’Aosta, la palla passa adesso al tribunale delle Libertà, che già lunedì mattina dovrebbe emettere i primi verdetti. Il ras Alessandro Giannelli, perno dell’inchiesta, ha però rinunciato al ricorso. Alleato dei Licciardi, di Massimiliano Esposito “’o scognato” fino a novembre 2022, in buoni rapporti con i Sorianiello e i Mazzaccaro del rione Traiano e a fasi alterne in contrasto con i Calone-Esposito-Marsicano di Pianura.

Alessandro Giannelli, ras di Cavalleggeri d’Aosta che si è fatto le ossa con il boss Domenico D’Ausilio “’o sfregiato”, dal carcere di Voghera era attivissimo dirigendo le operazioni per mantenere il controllo del territorio e cercando di espandersi nelle zone vicine. Aveva escogitato un sistema per evitare anche l’intercettazione via telefonino, ma una microspia piazzata in cella lo ha incastrato. Così è partita l’inchiesta della Dda, su indagini della polizia, culminata il 18 luglio scorso in sette arresti per (a seconda delle posizioni) associazione di tipo mafioso, detenzione e porto di armi da fuoco, detenzione illecita di sostanze stupefacenti, danneggiamento, incendio e accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione.

Uno è latitante mentre il bilancio comprende due indagati a piede libero, tra cui l’unica donna: Zelinda Piscopo, accusata di detenzione di una mitragliatrice con altri. Nell’indagine sono coinvolti il padre del capo, Giuseppe Giannelli, e Maurizio Quotidiano, figlio del ras di Coroglio Pasquale Quotidiano “Kalibù”. Ricostruiti una serie di episodi collegati alla malavita dell’area flegrea o a vicende interne: contrasti con i figli di Massimiliano “’o scognato” (all’epoca agli arresti domiciliari a Scalea), Cristian Esposito e Massimiliano Esposito junior; al litigio telefonico con Emanuele Marsicano che chiuse la chiamata con la frase “levati davanti al cesso” e poi spiegò che non sapeva di parlare con Alessandro Gianelli, arrabbiatissimo e pronto a vendicare con le armi l’offesa; all’incendio doloso a un’abitazione di via Bagnoli attigua a quella di Imma Maiorino, donna della quale il capoclan aveva avuto una relazione.

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