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21 Agosto 2023 - 08:50
NAPOLI. Nella storia della camorra napoletana c’è una particolarità: il boss Eduardo Contini, soprannominato “’o romano” per gli affari che ha gestito per anni nella capitale, ha incentrato il suo trentennale dominio sul Vasto-Arenaccia su un punto fermo: meno spargimento di sangue possibile nel territorio controllato. Per cui anche eventuali regolamenti di conti interni hanno avuto come luogo per l’esecuzione, tranne forse uno, un altro quartiere o addirittura una zona fuori Napoli. Con la conseguenza, probabilmente per un patto tacito, che anche agguati da parte dei nemici sono avvenuti il più delle volte lontano. Anche se va sottolineato che la sua cosca. tranne nel periodo della cruenta guerra con i Mazzarella nella parte iniziale del 1998, non ha subiti molti attacchi in proporzione alla potenza del clan nei settori delle estorsioni e dei traffici di sostanze stupefacenti. Grazie pure a una circostanza: il legame con i Licciardi e i Mallardo nell’Alleanza di Secondigliano, ancora oggi forte al punto da essere considerata dagli inquirenti una delle due metà della mela camorristica: l’altra è rappresentata dai Mazzarella. Il periodo più nero del clan Contini fu senz’altro quello compreso tra il febbraio e il marzo 1998. Nel rione Amicizia, nel cuore della roccaforte nemica, i Mazzarella attaccarono all’interno di un bar allora frequentato anche (ma non solo) da pregiudicati vicini a Eduardo “’o romano”. A terra restarono in cinque: Emanuele Grasso, 31 anni e Ciro Varriale, 39, morti all’istante, mentre in tre furono feriti, uno dei quali successivamente perse la vita in ospedale. Era il 9 febbraio e tre giorni dopo ci fu la replica, con l’uccisione nel Vasto di Sergio Annunziata, 33enne. Ancora quattro giorni e il 17 di quel terribile mese toccò a Martin Aceski, 21enne, anch’egli affiliato. Nel bar “Marino” si verificò un bagno di sangue. Primo a cadere Emanuele Grasso, che si accasciò a metà strada tra l’ingresso del locale e il bancone, colpito alla testa, al torace e all’addome. Rimase disteso su un fianco, con il viso rivolto verso la postazione del barman. Una disperata richiesta d’aiuto, probabilmente. Le prime raffiche costarono la vita anche a Ciro Varriale, 39 anni, anch’egli pregiudicato: le pallottole gli trapassarono i polmoni. Tra le vittime dell’agguato ci fu anche un meccanico incensurato ed estraneo a contesti malavitosi, entrato nel locale per prendere un caffè. Relativamente al periodo a cavallo tra gli anni novanta e i primi anni duemila l’ultima vittima tra le file dei Contini (Gennaro Catalano, il 29 novembre 2006) non fu attribuita a un raid degli storici nemici Mazzarella, anche se con il tempo la tesi starebbe riprendendo forza. Otto proiettili esplosi, due killer a fare fuoco, il ras di San Carlo Arena si ritrovò a terra sanguinante e agonizzante. Pochi minuti e il 43enne ritenuto un luogotenente del clan Contini, morì sul posto. Gli investigatori parlarono di una presunta, ed eccessiva, voglia di autonomia del pregiudicato, scarcerato grazie all’indulto ad agosto precedente. Era considerato un grosso trafficante di droga, cocaina in particolare, e in questo ambito si mossero le indagini. Nel 2007 nella zona sotto l’influenza dei Contini si verificò un solo delitto, quello di Ciro Giuliano “’o barone”. Ma per quel caso polizia e carabinieri hanno battuto soprattutto la pista che conduceva al clan Mazzarella, che avrebbe agito in un territorio non suo per eliminare uno dei pochi esponenti della famiglia di mala di Forcella in grado di riorganizzare la cosca. Un mezzo mistero, comunque. Il 1998 fu un anno terribile per i fatti di sangue anche per la faida, scoppiata quasi contemporaneamente tra Ponticelli e i paesi vesuviani confinanti, tra i Sarno e i De Luca Bossa. Tutto cominciò con l’autobomba, la cui responsabile è stata attribuita al ras scissionista “Tonino o’ sicc”, che costò la vita al nipote di Vincenzo Sarno, obiettivo dell’attentato sfuggito per una coincidenza fortuita alla morte. Ecco, i delitti attribuibili alla faida Contini-Mazzarella nel 1998. Il 25 gennaio fu ucciso Vincenzo Siervo, 38 anni, “’o chiattone”, pregiudicato del Mercato a Napoli, legato ai Vatiero-De Rosa e in particolare al boss Vincenzo Mazzarella. Il 9 febbraio avvenne l’episodio più grave: duplice omicidio ai danni di Emanuele Grasso, 31 anni e Ciro Varriale, 39, entrambi del clan Contini. Feriti in tre: Antonio Imparato, 36enne, luogotenente della cosca, Alfredo De Feo, 38 e Salvatore Vollero, 34enne meccanico estraneo alla mala. L’11 febbraio fu ammazzato in via Santa Maria del Pianto Nunzio Mele, legato ai Mazzarella. Il 12 febbraio toccò a Sergio Annunziata, che frequentava personaggi dei Mazzarella. Il 13 febbraio fu la volta di Martin Aceski mentre il 16 febbraio davanti al carcere di Poggioreale furono assassinati Francesco Mazzarella, 76enne padre del boss Vincenzo, ed Egidio Cutarelli. Il 27 febbraio uccisi Enrico Figliolini di 48 anni e Carmine Zambello di 34: facevano le sentinelle alla casa di Vincenzo Mazzarella. Il 25 aprile morì al Nuovo Pellegrini Carlo Fiorentino, 25enne nipote di Francesco Mazzarella, padre di Vincenzo “’o pazzo”. Il 4 agosto, infine, l’agguato mortale a Guglielmo Scafaro, vicino ai Mazzarella.
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