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16 Settembre 2023 - 08:32
NAPOLI. «Noi già saremmo carcerati se stessimo facendo ancora le rapine, già avremmo sparato a sette di loro». Parole di fuoco, figlie di una spregiudicatezza senza pari: «Eh, se la gente è scema». Il 31 maggio scorso il 17enne E.P. capisce di essere braccato e che i suoi giorni a piede libero sono ormai quasi giunti al capolinea. Sulla sua testa pende il pesantissimo sospetto di essere il corresponsabile del sanguinoso assalto che la sera del 29 marzo è quasi costato la vita all’ingegnere Fabio Varrella, centrato da due colpi di pistola alla gamba destra mentre faceva benzina al distributore Ip di via Reggia di Portici, al confine tra i quartieri Mercato e San Giovanni a Teduccio. In questi mesi carabinieri e polizia non hanno mai mollato la presa intorno al babybandito e giovedì notte è finalmente arrivata la svolta. Il 17enne, molto vicino tra l’altro ad alcuni esponenti del clan D’Amico di Ponticelli, è stato rintracciato dalle forze dell’ordine a Castel Volturno. Carabinieri e polizia gli hanno stretto le manette ai polsi sulla scorta di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip minorile e ieri l’hanno trasferito nell’istituto di prima accoglienza dei Colli Aminei, dove resta detenuto in attesa dell’interrogatorio di garanzia. Il giovane di via Carlo Miranda deve rispondere delle accuse di tentata rapina, tentato omicidio e ricettazione, in quanto lo scooter Honda usato per il raid è risultato infatti a sua volta provento di una rapina compiuta il 23 marzo. Tornando invece ai drammatici fatti del 29 marzo, in concorso con un complice in fase di identificazione, mentre era a bordo in qualità di passeggero il 17enne avrebbe tentato prima di asportare sotto la minaccia di una pistola lo scooter Piaggio “Beverly” di Varrella, per poi centrarlo con due colpi d’arma da fuoco al ginocchio destro e al gluteo sinistro, procurandogli gravissime lesioni. La vittima era stata infatti trasportata in codice rosso all’ospedale del Mare dove era stata sottoposta a due interventi chirurgici d’urgenza per la lesione dell’arteria poplitea con conseguente choc emorragico e ricoverata in prognosi riservata per diversi giorni. Le risultanze delle indagini condotte dai carabinieri del nucleo Operativo di Napoli Poggioreale e dalla Squadra Mobile di Napoli, e il ritrovamento nell’abitazione del minore di proiettili compatibili con quelli ritrovati sulla scena del crimine (calibro 7,65 x 17 mm) e le descrizioni fisiche fornite dalla persona offesa, hanno consentito di raccogliere gravi indizi di colpevolezza nei confronti dell’indagato. Il caso è stato poi chiuso grazie alle numerose conversazioni intercettate. Il 31 maggio E.P. fa sfoggio di tutta la sua spavalderia con un amico imparentato con i Perrella del Parco Conocal: «Noi già saremmo carcerati se stessimo facendo ancora le rapine, già avremmo sparato a sette di loro». L’interlocutore replica: «Quello l’ha detto, tu per un motorino spari a una persona» e il 17enne risponde: «Eh, se la gente è scema. Io non faccio più le rapine, ma le ho fatte». In pratica una confessione.
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