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26 Settembre 2023 - 07:30
NAPOLI. Secondo gli inquirenti avrebbe punito con il sangue l’onta di essere stata lasciata dall’amante. Lei, Rita Mango, alias la “mantide di Miano”, consorte del ras Valerio Nappello, ha però sempre negato ogni addebito, sostenendo di non aver alcun collegamento con l’omicidio di Nicola Picone. Una versione dei fatti, quella della donna, alla quale i giudici di primo e secondo grado non hanno però mai dato credito, condannandola a 22 anni di reclusione, pena poi ridotta di un anno in appello. Ebbene, la Corte di Cassazione, dando pieno accoglimento alla linea della Procura, ha appena posto la parola “fine” a un iter giudiziario fin qui a senso unico: respinto il ricorso della difesa, la condanna inflitta a Rita Mango diventa definitiva. La scabrosa vicenda che ha portato alla sbarra Rita Mango era arrivata al primo approdo investigativo con l’arresto messo a segno dalle forze dell’ordine il 26 febbraio del 2020, quando la donna finì in manette con l’accusa di essere stata l’esecutrice dell’omicidio di Nicola Picone. L’allora 38enne era stata rintracciata dai carabinieri nell’appartamento di proprietà dei genitori. Al momento del blitz, la presunta killer si trovava in compagnia dei parenti e di alcuni amici di famiglia. Non ha opposto resistenza e si è subito lasciata ammanettare. I militari dell’Arma avevano in quell’occasione dato esecuzione all’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del tribunale di Napoli su richiesta della Dda: richiesta di cattura che nei mesi precedenti, però, era stata respinta dal giudice per le indagini preliminari. Il pm aveva quindi proposto appello al Riesame e il secondo “tentativo” è andato a buon fine. Ad arrestare Rita Mango erano stati i carabinieri del nucleo Investigativo di Caserta. La donna era ed è ritenuta l’esecutrice materiale dell’omicidio, aggravato dal metodo mafioso, di Nicola Picone, vicino al clan dei Casalesi, avvenuto nella notte tra il 18 e il 19 ottobre del 2018. La donna, moglie di Valerio Nappello, elemento di spicco del clan Lo Russo, cosca da cui si è inseguito allontanato insieme al proprio gruppo di fedelissimi, si era resa irreperibile subito dopo l’omicidio. Mango era stata però rintracciata e bloccata nell’abitazione dei genitori nel quartiere Miano. Il cadavere di Nicola Picone, colpito da sei colpi di arma da fuoco calibro 45, era stato rinvenuto il 19 ottobre precedente all’interno di una Fiat “Panda” parcheggiata nell’area di servizio di un distributore di viale Europa ad Aversa. Da quanto emerso nelle indagini coordinate dalla Dda, Picone sarebbe stato ucciso dalla donna per due motivi: quello passionale in quanto aveva deciso di troncare la loro relazione extraconiugale; ed economico, poiché la donna aveva accertato che l’amante aveva sottratto ingenti somme di denaro dalla società di autonoleggio aperta dal marito per riciclare denaro e alimentare le casse del clan. I giudici di primo grado avevano però escluso le aggravanti della premeditazione e della finalità mafiosa, consentendo così a Rita Mango di evitare l’ergastolo.
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