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Fuori il figlio della ras Licciardi: il gip ordina la scarcerazione

Fuori il figlio della ras Licciardi: il gip ordina la scarcerazione

Duplice tentato omicidio durante la partitella di calcetto, la stangata non arriva. Il processo di primo che ha portato alla sbarra Giuseppe Musella e il figlio Gennaro Musella, strettissimi congiunti della boss secondiglianese Maria Licciardi, si è concluso con due condanne a dir poco “soft”, soprattutto rispetto alle aspettative della Procura: il 51enne della Masseria Cardone è stato infatti condannato a 4 anni e 8 mesi di reclusione, mentre il ventenne se l’è cavata con 5 anni e 6 mesi. Un verdetto, quello del giudice del rito abbreviato, che non ha per nulla soddisfatto il pubblico ministero, che aveva invece chiesto 12 anni di carcere per Giuseppe Musella e ben 14 per il figlio Gennaro. A spuntarla sono state però le argomentazioni difensive dei legali dei due imputati, gli avvocati Rosario Arienzo e Marco Bernardo, che sono riusciti a ottenere per i propri assistiti pene del tutto equiparabili a quelle previste dal nostro ordinamento per il reato di lesioni gravi. I colpi di scena non sono però finiti qui. Il giudice per le indagini preliminari Gianluigi Visco, ritenendo ormai attenuate le esigenze cautelari, ha disposto l’immediata scarcerazione del figlio della ras Licciardi, concedendogli il beneficio degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico nel comune di Napoli. A inizio giugno la stessa sorte era toccata anche a Gennaro Musella. Il gip del tribunale di Napoli aveva infatti deciso di concedere al giovane gli arresti in casa. La svolta è arrivata anche in quel caso grazie alle argomentazioni del tandem difensivo Bernardo-Arienzo, che aveva contestato la qualificazione giuridica del fatto, sulla scorta di una consulenza di parte sull’effettiva capacità omicidiaria dei colpi inferti, e il fatto che il padre abbia urlato «uccidili, uccidili», incitando dunque il 20enne. La difesa ha però individuato il soggetto che effettivamente avrebbe detto ciò il quale, però, in quel momento si riferiva in realtà a un compagno di squadra che stava facendo un dribbling. Il gip Visco aveva così scarcerato Gennaro Musella sul presupposto che non ci fosse più un oggettivo pericolo di reiterazione del reato. Il 20enne era stato arrestato dopo quasi tre settimane trascorse da uccel di bosco. Sulla sua testa pendeva la pesante accusa di aver colpito con diversi fendenti due componenti della squadra avversaria, il 4 ottobre scorso, dopo una partita di calcio all’impianto sportivo San Rocco, in zona Miano, nel corso di una lite per futili motivi. Per questo motivo Gennaro Musella, nipote della boss Maria Licciardi, era stato arrestato dalla Squadra mobile e dall’Ufficio prevenzione generale, che avevano eseguito un’ordinanza di applicazione della misura cautelare in carcere nei confronti del giovane, ritenuto gravemente indiziato del delitto di duplice tentato omicidio pluriaggravato. Una vittima aveva riportato lesioni gravi con prognosi riservata e l’altra lesioni una prognosi di 15 giorni. Il giorno stesso era stato sottoposto a fermo di indiziato di delitto il padre Giuseppe, in quanto avrebbe partecipato all’aggressione.

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