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Favori e delitti coi Lo Russo, indagati Licciardi e Bocchetti

Favori e delitti coi Lo Russo, indagati Licciardi e Bocchetti

NAPOLI. Patto mortale tra il clan dei “Capitoni” e la camorra secondiglianese, dopo oltre trent’anni di indagini il cerchio intorno ai responsabili degli omicidi di Angelo De Caro, reggente dell’omonimo gruppo e cutoliano della prima ora, e di Pasquale Bevilacqua potrebbe essere davvero a un passo dal chiudersi. All’indomani del fermo del boss Giuseppe Lo Russo, ammanettato mentre si apprestava a uscire dal carcere di Novara dopo 26 anni al 41-bis, si scopre infatti che per i due delitti sono a vario titolo indagati anche alcuni esponenti di punta dei clan Licciardi e Bocchetti, oltre al killer, oggi pentito, Ettore Sabatino. L’importante novità investigativa emerge dalle quasi 80 pagine del provvedimento cautelare da cui è stato raggiunto, per pericolo di fuga, il ras “Peppe ’o capitone”. Ebbene, per l’assassinio di Angelo De Caro, ammazzato a colpi di pistola il 6 giugno 1990, risultano indagati, oltre a Lo Russo, ritenuto l’organizzatore, e a Sabatino, autoaccusatosi come esecutore, anche Carmine Costagliola, detto “provolino” e i defunti boss Gennaro Sacco e Gennaro Licciardi. De Caro fu ucciso mentre si trovava a letto nell’abitazione della compagna Carmela Costagliola e i killer sarebbero riusciti a entrare nell’appartamento grazie al contributo di “provolino”, che avrebbe fatto da ariete. Gennaro Sacco si sarebbe occupato invece del recupero del killer Sabatino. Gennaro Licciardi sarebbe stato invece il mandante dell’omicidio, in quanto avrebbe chiesto a Giuseppe Lo Russo di farsi carico della “faccenda”, mettendo così la parola fine ai contrasti che erano nati tra il clan della Masseria Cardone e il gruppo De Caro: pochi anni prima, infatti, era già stato assassinato il fratello Antonio e da tempo Angelo viveva letteralCAMORRA La rivelazione del “capitone” pentito: «Ucciso per uno schiaffo a Salvatore» Favori e delitti coi Lo Russo, indagati Licciardi e Bocchetti mente recluso nell’appartamento della compagna. Per l’omicidio Bevilaqua risultano invece indagati, oltre al mandante Giuseppe Lo Russo, anche Vincenzo Licciardi e Gaetano Bocchetti, accusati di essere stati gli esecutori materiali del delitto e di aver sparato contro la vittima designata almeno otto colpi di pistola. Quanto al movente, si sarebbe trattato in questo caso di una questione personale. Bevilacqua era infatti cognato dei Lo Russo, ma da tempo era entrato in contrasto con la moglie, alla quale contestava un tradimento e che aveva insultato pubblicamente in alcune occasioni. Dietro l’assassinio ci sarebbe stato però anche uno sgarro alle persone sbagliate. A rivelarlo è stato l’ex boss, oggi pentito, Carlo Lo Russo, fratello di Giuseppe: «Bevilacqua doveva morire perché mentre era detenuto a Poggioreale con mio fratello Salvatore aveva schiaffeggiato quest’ultimo in quanto aveva saputo che la sera prima avevo ucciso con Renato Delle Donne tale Luigi “’o signore”, molto vicino a lui. Bevilacqua temendo che noi lo potessimo ammazzare, quando fu scarcerato si avvicinò ai Licciardi. Quindi mio fratello Giuseppe per realizzare l’omicidio si rivolse ai Licciardi». All’epoca ancora un tutt’uno con i futuri scissionisti Sacco-Bocchetti.

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