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Fuori le donne del clan Sibillo

Fuori le donne del clan Sibillo

Tensione a Forcella, istanze di scarcerazione accolte: la paranza dei bimbi si ricompatta

NAPOLI. Terremoto a Forcella, la “paranza dei bambini” si ricompatta e tra i vicoli del centro storico è subito alta tensione. Nonostante la sfilza di condanne incassate in primo grado, con “picchi” che per i capi e promotori hanno sfiorato i vent’anni di reclusione, il processo di appello che vede alla sbarra il gotha del clan Sibillo di piazza San Gaetano si apre con un clamoroso colpo di scena. I giudici della Quarta sezione ieri pomeriggio hanno infatti accolto l’istanza di scarcerazione avanzata dagli avvocati Dario Carmine Procentese, Domenico Dello Iacono e Leopoldo Perone, e ritenendo ormai attenuate le esigenze di custodia cautelare hanno disposto la liberazione di tutti gli imputati.

Tornano dunque a piede libero Vincenzo Caliano “Mniell”, Giuseppe Gambardella, Annunziata Ingenito, Giovanni Ingenito, Antonio Iodice, Emanuele Irollo, Assunta Manzo, Carmine Motti, Giovanni Matteo, Giosuè Napoletano, Carmela Napoletano, Pietro Perez, Gaetano Portanova, Fabio Rivieccio, Emanuele Romano, Maria Sabatelli maria e Alberto Volpe. A questo punto è però necessaria una precisazione: a tornare effettivamente a piede libero, sono state solo le presunto donne del clan, alcune delle quali nei mesi scorsi avevano già ottenuto un ridimensionamento del titolo cautelare. Gli uomini, invece, essendo già coinvolti in altri procedimenti, resteranno ancora materialmente dietro le sbarre.

Per tutti gli imputati si profilava tra l’altro il rischio di scarcerazione per decorrenza dei termini di custodia cautelare. «’O zì, noi sappiamo che voi avete le proprietà: o ci date 50mila euro o la casa al Fondaco San Paolo. Se pensate di andare dalle guardie, dopo di noi ci sono altre dieci persone che ti possono uccidere». Forte dell’appoggio del clan Contini, gli uomini dei Sibillo non usavano mezze parole per intimidire i gestori dei negozi cui chiedevano il “pizzo”. Li convocavano nel “palazzo della buonanima”, il defunto babyras Emanuele Sibillo, in via Santi Filippo e Giacomo 26, e davanti all’altarino a lui dedicato seminavano il terrore. Erano 12 i commercianti sotto scacco e uno di loro fu persino costretto a inginocchiarsi davanti al busto raffigurante “Es17”, ma non tutti pagavano. Come, nonostante le minacce di incendiare il locale, i titolari di un’attività di vendita al dettaglio di intimo che non piegarono la testa. Sotto finirono anche cinque donne.

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