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Pizzo al laboratorio Salus, stanato l’aguzzino del clan

Pizzo al laboratorio Salus, stanato l’aguzzino del clan

NAPOLI. «Dite al dottore Enrico che con i tamponi sta guadagnando un sacco di soldi e domani deve portare i soldi ai ragazzi di Forcella». Un “avviso” a prova di equivoco: il clan Giuliano, con l’emergenza covid ancora al suo apice, era pronto a battere cassa e nel mirino, il 20 gennaio 2020, era finito il noto laboratorio di analisi Salus di piazza Calenda. Da allora sono passati ormai quasi quattro anni, le indagini hanno fatto il proprio corso e, soprattutto, si è pentito il boss Salvatore Giuliano “’o russo”. Proprio grazie alle dichiarazioni di quest’ultimo il caso è arrivato a una svolta e in manette è finito il presunto emissario della cosca: il 32enne Massimo Somma, alias “’o micione”, individuato dagli inquirenti come l’esecutore materiale della richiesta estorsiva. Le indagini sono state condotte dalla polizia, che già nell’immediatezza dei fatti aveva raccolto la denuncia del titolare della struttura Enrico Novissimo. Acquisite le immagini registrate dalle telecamere di sicurezza del centro di analisi, gli inquirenti avevano già imboccato la pista giusta, ma la svolta sul caso è arrivata in seguito grazie alle rivelazioni del super pentito Salvatore Giuliano. L’ex ras di Forcella ha infatti parlato della tentata estorsione alla Salus nel corso dell’interrogatorio al quale è stato sottoposto il 24 giugno 2021. Giuliano ha dichiarato «di essere stato avvicinato da un referente del clan Contini che, alla presenza di Alessio Vicorito, gli chiedeva perché non avessero fatto un’estorsione alla Salus, che in quel periodo stava guadagnando molti soldi con i tamponi». Giuliano avrebbe quindi risposto che loro «non facevano estorsioni ai commercianti, ma quello replicava che il proprietario della Salus era amico loro, ossia dei Contini, per cui, se essi gli avessero fatto CAMORRAArrestato Massimo Somma “’o micione”, sul raid l’ombra dei Contini Pizzo al laboratorio Salus, stanato l’aguzzino del clan un’estorsione, quello sicuramente si sarebbe rivolto a loro che avrebbero potuto fungere da intermediari, in cambio del 50 per cento dei proventi dell’estorsione». Ricevuto l’input esterno, il clan di Forcella sarebbe quindi passato all’azione. Dalla lettura dell’ordinanza di custodia cautelare si apprende che «essi decisero, per la formulazione della richiesta estorsiva, di inviare “’o micione”, ossia Massimo Somma, il quale disse che il proprietario della Salus, un uomo anziano, gli aveva risposto che c’erano le telecamere e che se fosse ritornato lo avrebbe fatto arrestare. “Micione” era entrato nel centro dall’ingresso posteriore, dove è ubicata la pizzeria da Michele». E ancora: «Il referente dei Contini, a cui lui riferiva l’accaduto, alla presenza di Alessio Vicorito, gli diceva che avrebbe chiuso lui l’estorsione, ma quest’ultima non fu mai portata a compimento». Il materiale indiziario raccolto è stato però sufficiente a far scattare le manette intorno ai polsi di Massimo Somma. Il 32enne di Forcella, difeso dall’avvocato Luigi Poziello, ieri mattina si è presentato davanti al gip del tribunale di Napoli per l’interrogatorio di garanzia e si è avvalso della facoltà di non rispondere. La palla passerà nei prossimi giorni ai giudici del Riesame.

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