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Clan Abbinante, è caccia al narcos fantasma

Clan Abbinante, è caccia al narcos fantasma

NAPOLI. Specialista nel settore degli stupefacenti, con conoscenza perfetta della piazza di spaccio nella zona della “33”, dove storicamente è sempre stato operativo. È il profilo che emerge dall’inchiesta sul clan Abbinante di Salvatore Mari, uno dei sette destinatari della misura cautelare sfuggiti alla cattura l’altro ieri. Il gruppo con base nel rione Monte Rosa gli aveva affidato (nella ricostruzione dell’accusa e ferma restando la presunzione d’innocenza di tutti gli indagati fino a eventuale condanna definitiva) la gestione dell’attività illecita e il coordinamento dei rifornitori di droga che agiscono privatamente. Per gli inquirenti la scelta dei capi di puntare sul 46enne soprannominato “’o Tenente” aveva uno scopo ben preciso: evitare il loro coinvolgimento diretto nei traffici. Ma grazie alle intercettazioni, che avrebbero dimostrato lo stretto legame, carabinieri e Dda si sono trovati indizi consistenti in mano. In passato affiliato agli Amato-Pagano, in particolare nel gruppo dei Notturno, Salvatore Mari divideva con Arcangelo Abbinante (nella foto), emergente figlio del ras Guido, profitti e perdite in pari misura dalla gestione dei traffici di stupefacenti. Proprio per lo stretto rapporto con gli esponenti di vertice, “’o Tenente” è considerato dalla pubblica accusa appartenente al clan, tanto che ne avrebbe condiviso le modalità violente di affermazione. Come dimostrerebbe il coinvolgimento nella detenzione delle armi trovate il 21 agosto 2018. Il clan Abbinante era l’ultimo storico di Scampia ancora ben strutturato, rimasto in piedi nonostante la controffensiva dello Stato nel quartiere cominciata con il post faide. Ma dall’altro ieri sono ufficialmente in crisi, storditi dal durissimo colpo inferto dalla Dda e dai carabinieri. Per associazione mafiosa, droga e una raffica di estorsioni si è sviluppata un’inchiesta culminata in 37 misure cautelari a carico di altrettanti indagati, di cui 7 irreperibili. Due telecamere in via Monte Rosa hanno rappresentato il punto di partenza di un’indagine che si è avvalsa di intercettazioni, pedinamenti e pentiti, su tutti Luigi Rignante e Giuseppe Ambra.

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