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Clan Di Lauro, mistero sui cellulari in garage

Clan Di Lauro, mistero sui cellulari in garage

NAPOLI. Il mistero dei cellulari che il clan volle subito far sparire, subito dopo l’arresto di Salvatore Tamburrino e l’ipotesi concreta che avesse favorito la cattura di Marco Di Lauro. Due ore dopo l’arresto due emissari del gruppo, Diego Leone e Gaetano Todisco nella ricostruzione degli inquirenti, andarono nel garage del braccio destro del giovane ras e portarono via 4 telefonini. Il sospetto è che vi fossero, a parte le telefonate tra il latitante e colui che primo lo aiutava a nascondersi, tracce dei segreti dell’organizzazione con base storica a cupa dell’Arco. Un mistero ancora in parte irrisolto. A riferire della perquisizione nel garage di via Gerusalemme Liberata, sotto l’abitazione di Salvatore Tamburrino, è stata una stretta congiunta del collaboratore di giustizia (allora semplice dichiarante, in gergo tecnico). Ecco cosa ha messo a verbale, con la premessa che le persone citate devono essere ritenute estranee ai fatti narrati fino a prova contraria. «Mi feci consegnare la copia delle chiavi di casa di mio fratello e mi avviai presso la sua abitazione. Nei pressi dell’associazione Santa Maria dell’Arco di via Il Barbiere di Siviglia, incrociai Diego Leone e “’o ninnone” e Diego mi chiese di accompagnarlo nel garage di mio fratello perché doveva recuperare dei telefoni all’interno. Entrammo insieme mentre “’o ninnone” rimase in attesa fuori. Diego recuperò tre cellulari, due neri di poco valore, nascosti in un mobiletto bianco, un Samsung nell’auto di mio fratello, e una Sim occultata sopra la porta del garage. Successivamente raggiunsi la casa di mio fratello, dove trovai i carabinieri che effettuarono una perquisizione all’interno». Per Salvatore Tamburrino da confidente occasionale a pentito il passo fu breve e non poteva che essere così. Dopo aver tradito Marco Di Lauro era troppo rischioso non buttarsi tra le braccia dello Stato. Il perché della scelta lo spiegò con chiarezza ai pm antimafia partenopei: «I figli sono pezzi di cuore e volevo riabbracciarli prima possibile. Così ho pensato di fare la “soffiata” sul nascondiglio di Marco». Un passo indietro clamoroso, che ha comunque segnato una svolta per il clan fondato da Paolo Di Lauro detto “Ciruzzo ’o milionario”. Salvatore Tamburrino, inseparabile braccio destro del boss Marco e affiliato della primissima ora al gruppo fondato dal patriarca “Ciruzzo ’o milionario”. , dopo nove mesi trascorsi dietro le sbarre di un carcere per l’omicidio della moglie Norina Matuozzo - delitto da cui era scaturita proprio la cattura di “F4” - prese la decisione più difficile di tutta la propria vita. Chiese un incontro con il pubblico ministero titolare dell’inchiesta e, una volta ottenuto il faccia a faccia, pronunciò le sue prime parole da “uomo nuovo”: «Voglio collaborare con la giustizia, lo faccio per me ma soprattutto per i miei cari ai quali vorrei assicurare un futuro migliore di questo presente». Una mossa di cui si era a più riprese vociferato nei mesi precedenti, addirittura già nell’immediatezza del suo arresto per l’omicidio della moglie. La realtà invece era diversa, ma non si poteva dire per non mettere a repentaglio la vita dei familiari del neo collaboratore di giustizia. Così i vertici della questura, nel corso di una difficile conferenza stampa, parlarono di un giro vorticoso di telefonate intercettare che portarono al nascondiglio di “Marcuccio”.

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