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20 Novembre 2023 - 09:19
NAPOLI. Che piaccia o no, il procuratore Nicola Gratteri è una persona senza filtri e diretta, capace di indagare i mali e le storture della società che spesso si rivelano “propedeutici” a comportamenti molto più gravi. Insediatosi da poche settimane a capo della procura partenopea, non ci ha messo molto a sferzare le coscienze della società civile napoletana. Due concetti su tutti: «Ai ragazzi interessano i soldi: un professore con la Fiat è sfigato, il cafone col Suv è un esempio. Le scuole sono progettifici: fanno a gara per avere pm di grido o soubrette per la giornata della legalità». Analisi condivisa pienamente da Michele Cutolo (nella foto), vicepresidente nazionale del Movimento Cristiano Lavoratori, associazione che da cinquant’anni è vicina ai soggetti più bisognosi attraverso una capillare rete di servizi di prossimità e che in quanto tale percepisce direttamente la deriva sociale denunciata dal procuratore Gratteri.
La denuncia del neo procuratore capo di Napoli è forte: le agenzie educative più importanti, la famiglia e la scuola, sono in crisi profonda. Qual è la sua valutazione?
«Gratteri ha gettato più di una pietra nello stagno dell’indifferenza generalizzata, denunciando la decadenza dei costumi. Sembra incredibile, ma sempre più gente desidera vivere in una vita parallela ispirandosi ai cattivi modelli dei social e alle serie televisive che non sempre sono modelli positivi. Le scuole sono state svuotate e appesantite da una burocrazia sempre più soffocante e non riescono più a offrire la giusta formazione ai ragazzi, i docenti sono stati delegittimati e molti genitori si atteggiano ad adolescenti volendo gareggiare con i figli».
La crisi della famiglia, in frantumi alle prime difficoltà, e l’affanno della scuola, uniti alla maleducazione che impera sui social, hanno smantellato un modello di società che ha retto fino alla fine degli anni ’90. Anche i cosiddetti corpi intermedi, fondamenti di quel modello, sembrano addirittura al capolinea.
«Purtroppo sì, persino i sindacati che per anni hanno rappresentato milioni di lavoratori non hanno più l’autorevolezza di un tempo. E con essi, associazioni di categoria, ordini professionali e tutti gli organismi di rappresentanza. Oggi il cittadino non vuole mediazioni. Si è così ingenerata una sorta di “anarchia” sociale».
Da questo sfascio non può essere tenuta fuori la responsabilità della classe politica italiana.
«Una responsabilità enorme. Non si è investito a sufficienza sull’istruzione, anzi a colpi di riforme la scuola è stata sempre più svuotata cambiandole i connotati di istituzione formativa primaria fino a trasformarla in progettificio, per dirla come il procuratore. Nello stesso tempo ha subito lo stesso destino la ricerca, scarsamente sostenuta, con il risultato di mandare all'estero migliaia di eccellenti giovani studiosi. Bisogna anche dire che certi atteggiamenti di basso livello etico di cui si rendono protagonisti sempre più personaggi politici completano il quadro della desolazione».
Da dove si riparte, presidente Cutolo?
«Lo Stato deve investire in maniera massiccia la famiglia; l’istruzione, rilanciando il tempo pieno e i doposcuola; la ricerca e i servizi sociali. Bisogna poi stipulare una sorta di patto educativo che coinvolga la scuola, la politica, le istituzioni, i mass media, i vettori tecnologici che convogliano contenuti. C'è bisogno di buoni esempi perché abbiamo tutti il dovere di salvaguardare le prossime generazioni».
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