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30 Novembre 2023 - 08:53
Ordine di arresto per Francesco Abbinante, a incastrarlo i nuovi pentiti
NAPOLI. Avrebbe detto in giro a Scampia che gli Abbinante, trasferitisi nel quartiere dell’area nord di Napoli, erano “cafoni di Marano”, loro cittadina d’origine. Un’offesa che il clan non digerì assolutamente e l’autore della frase infelice fu ucciso per punizione. Era il 25 giugno 1999 e ieri, a distanza di 24 anni, per quel delitto c’è un presunto colpevole: Francesco Abbinante, 48enne figlio del ras Raffaele detto “Papele”. I poliziotti della Squadra mobile di Napoli gli hanno notificato nel carcere di Catanzaro, dov’è detenuto per altri reati, un’ordinanza di custodia cautelare per omicidio aggravato da futili motivi e dal metodo mafioso. Vincenzo Ardimento, 27enne, fu ferito con tre colpi di pistola nel corso di un agguato in via Fratelli Cervi, nei pressi dei porticati del cosiddetto Lotto T/B di Scampia. Era ancora vivo quando arrivarono i soccorsi, ma morì poco dopo, durante il trasporto all’ospedale San Giovanni Bosco. La polizia partì immediatamente con le indagini, che purtroppo si arenarono per la mancanza di gravi indizi a carico di alcuni “sospetti”. Ma negli ultimi mesi le dichiarazioni di nuovi e vecchi collaboratori di giustizia hanno riaperto il cold case, facendo convergere l’attenzione su Francesco Abbinante. Fino a quando la procura antimafia, che ha coordinato le investigazioni, ha chiesto e ottenuto dal gip del tribunale di Napoli il provvedimento restrittivo eseguito ieri mattina dai poliziotti della sezione “Criminalità organizzata” della Squadra mobile della questura di Napoli (dirigente Alfredo Fabbrocini, vice questore aggiunto Andrea Olivadese). L’omicidio di Vincenzo Ardimento risale al lontano 1999, qualche anno prima della faida di Scampia che, scoppiata tra i Di Lauro e i cosiddetti Scissionisti, avrebbe coinvolto anche altri gruppi, tra i quali gli Abbinante che entrarono in guerra successivamente. Fu gravemente ferito con tre colpi di pistola in via Fratelli Cervi, nei pressi dei porticati del cosiddetto Lotto T/B di Scampia. E così spirò durante il trasporto all’ospedale San Giovanni Bosco. Le ultime indagini si sono avvalse delle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia, alle quali sono seguite i riscontri investigativi della Squadra mobile di Napoli che hanno infine portato all’emissione della misura cautelare. Il movente è stato ricondotto proprio a quell'offesa al clan sintetizzata in una semplice frase, ma carica di significato, che diede molto fastidio ai destinatari: «Gli Abbinante sono dei cafoni». Quindi, nella ricostruzione della pubblica accusa da vagliare in giudizio, ci fu la decisione del gruppo malavitoso di lavare l'insulto col sangue. Ecco per ché a Francesco Abbinante è contestato l’omicidio con le aggravanti dei futili motivi e del metodo mafioso. Il provvedimento eseguito è una misura cautelare, disposta in sede di indagini preliminari, avverso cui sono ammessi mezzi di impugnazione e il destinatario della stessa è persona sottoposta alle indagini e, pertanto, presunto innocente fino all’eventuale sentenza definitiva di condanna.
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