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01 Dicembre 2023 - 10:33
Il pentito Musolino: «Dovevamo dimostrare che eravamo noi i sanguinari». Omicidio Ardimento, sotto inchiesta anche i fedelissimi del ras Abbinante
Dopo tre mesi le indagini si erano ormai incagliate su un binario morto, tanto che il procedimento venne archiviato «per essere rimasti ignoti gli autori del reato». Per i killer di Vincenzo Ardimento “Tattà” il conto, prima o poi sarebbe però arrivato. È servita un’attesa di oltre vent’anni e la svolta è maturata solo grazie al pentimento di un giovanissimo sicario, all’epoca dei fatti ancora minorenne, che nel 2021 ha deciso di collaborare con la giustizia, ammettendo le proprie responsabilità e puntando il dito contro il ras di Scampia Francesco Abbinante, alias “Francuccio”, arrestato mercoledì dalla polizia con l’accusa di essere stato il mandante e il coesecutore del micidiale agguato consumatosi nel lotto T/b, nel cuore dello Chalet Bakù, la sera del 25 giugno 1999. Abbinante jr, figlio del boss Raffaele “Papele ’e Marano”, è stato l’unico destinatario della misura cautelare, ma dalla lettura delle trenta pagine dell’ordinanza si scopre oggi che per l’omicidio di Ardimento sono indagati a piede libero anche Giovanni Esposito “’o muort”, altro esponente di spicco del clan del rione Monte Rosa, Dario De Felice e i fratelli Raffaele Musolino e Salvatore Musolino, entrambi minorenni all’epoca dei fatti, con il secondo recentemente pentitosi.
Quest’ultimo, interrogato il 18 giugno 2021, ha messo a verbale: «Voglio riferire di alcuni omicidi commessi quando stavo con gli Abbinante... Venimmo chiamati io, Raffaele Musolino, mio fratello, Dario De Felice e Giovanni Esposito “’o muorto” in un appartamento in via Fratelli Cervi e c’era Francesco Abbinante... Mi disse che noi quattro dovevamo ucciderlo, per un’offesa e mancanza di rispetto a Francesco Abbinante e dovevamo farlo nel nostro rione, anche per dare un segnale. Dovevamo dimostrare chi erano i “maranesi”, “dobbiamo fargli vedere che siamo noi i sanguinari».
A questo punto il racconto del neo pentito entra nel vivo: «Decidemmo di farlo bere e di dargli della cocaina e poi portarlo in trappola... Arrivammo in via Fratelli Cervi, lotto T/b, “sotto ’o furn”, dove c’era un biliardo. Entrammo io, mio fratello e “Tattà”». Conquistata la fiducia dell’affiliato ribelle, il piano di morte venne quindi eseguito: «Mio fratello diede il segnale a Giovanni Esposito, quest’ultimo lo diede a Francesco Abbinante, che uscì allo scoperto e sparò quattro colpi di pistola a tamburo. All’ultimo colpo lo stese a terra, gli appoggiò la pistola sul viso, sullo zigomo destro e sparò il quindo colpo a bruciapelo. Abbinante fuggì dal lato del porticato, De Felice pure scappò, Giovanni andò via con una macchina, io e mio fratello ce ne andammo a casa di mio padre... Dopo due ore vennero Esposito e De Felice presso l’abitazione di mio padre. Nel salone Giovanni Esposito aprì uno champagne e festeggiammo». In pieno stile “Gomorra”. Le dichiarazioni dell’ex babykiller sono state poi rafforzate da quelle di altri tre pentiti eccellenti: Maurizio Prestieri, Salvatore Roselli “frizione” e Luigi Rignante, anch’egli ex uomo del clan Abbinante di Scampia.
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