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02 Dicembre 2023 - 09:52
Il capoclan degli Scissionisti e il genero ammettono gli addebiti e se la cavano con 20 anni di reclusione a testa. Omicidio Caianiello, Cesare Pagano e Mariano Riccio evitano ancora l’ergastolo
NAPOLI. Ancora una confessione “last minute” e ancora un ergastolo schivato per Cesare Pagano, indiscusso boss del clan degli Scissionisti da tempo detenuto al 41-bis. Imputato per l’omicidio del “ribelle” Salvatore Caianiello, alias “manomozza”, il ras, al termine del processo di primo grado celebrato con il rito abbreviato, è stato condannato alle pena di 20 anni di reclusione grazie al riconoscimento delle attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti. Il gip De Lellis ha inflitto la stessa pena anche al coimputato Mariano Riccio, genero di “Cesarino”, accusato di essere stato l’esecutore materiale del delitto. Il collaboratore di giustizia Biagio Esposito ha invece rimediato 9 anni e 4 mesi di carcere.
Il verdetto pronunciato ieri pomeriggio non ha però soddisfatto le aspettative della Procura. Il pubblico ministero, in sede di requisitoria, aveva infatti chiesto l’ergastolo sia per il presunto mandante, cioè il boss Pagano, che per il killer Riccio. Entrambi difesi dagli avvocati Domenico Dello Iacono e Valentina Alfieri, gli imputati sono però riusciti ancora una volta a evitare il carcere a vita dopo aver ammesso le proprie responsabilità. Né Pagano né Riccio hanno profferito parola in merito all’eventuale coinvolgimento di altri affiliati nel delitto Caianiello. Tanto, però, è bastato a evitare l’ergastolo. Salvatore Caianiello, alias “manomozza”, si era attivato per mettere in piedi un gruppo criminale tutto suo e per raggiungere l’obiettivo aveva già radunato intorno a sé alcuni vecchi malavitosi senza legami con il cartello in quel periodo al comando tra Scampia, Secondigliano e l’hinterland nord.
Ma all’ombra delle Vele le voci corrono velocemente e i capi del clan Amato-Pagano non ci misero molto a intuire che il loro storico affiliato stava preparando la “girata”. Per “manomozza” non ci fu alcuna possibilità di scampo: il ras ribelle fu trucidato con quattro colpi di pistola il 30 ottobre 2009 in pieno centro a Mugano. Quel delitto, rimasto irrisolto per oltre tredici anni, a marzo scorso era però arrivato a un punto di svolta sotto il profilo investigativo. La Dda aveva infatti notificato due avvisi di garanzia ad altrettanti pezzi da novanta del clan degli Scissionisti: al boss Cesare Pagano, accusato di essere il mandante, e al genero Mariano Riccio, inquadrato come lo “staffettista”.
La svolta sul caso è arrivata grazie alle ricostruzioni e alle confessioni di tre importanti collaboratori di giustizia: Luca Menna, Biaggio Esposito e Carmine Cerrato (classe ’76). Il 12 gennaio 2011 il primo ha rivelato: «Io e altri abbiamo partecipato all’omicidio, in particolare Francesco Attrice (poi deceduto, ndr). L’ordine di uccidere mi venne dato da Biagio Esposito, ancora una volta su disposizioni precise di Cesare Pagano». Quanto agli uomini del commando: «A partecipare siamo stati, quali killer, io e Francesco Attrice, poi vi erano Tonino “’o russ”, Giosuè Belgiorno, Mariano, il genero di Cesare Pagano, e Cesare Pagano. Mariano e Belgiorno ci hanno portato il motorino e le armi da usare per l’agguato».
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