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05 Dicembre 2023 - 08:37
NAPOLI. Dopo la colossale retata di giugno scorso, la Procura non perde tempo e ottiene subito la fissazione dell’udienza preliminare per capi e gregari del temibile clan Ferrara-Cacciapuoti, il gruppo criminale con base a Villaricca e nel Giuglianese protagonista negli ultimi anni di una preoccupante espansione: un’escalation incessante, nell’ambito della quale avrebbe beneficiato del supporto dell’Alleanza di Secondigliano e, in particolare, del clan Contini, del cui boss, Eduardo Contini “’o romano”, qualche anno fa favorì persino la latitanza. Ebbene, per quaranta indagati, tra cui il ras Domenico Ferrara “’o muccuso”, il rinvio a giudizio è ora dietro l’angolo. L’appuntamento nell’aula bunker del nuovo palazzo di giustizia è fissata per il prossimo 28 dicembre, data entro la quale gran parte degli imputati potrebbe però valutare di richiedere di essere processata con il rito abbreviato, puntando così a un sostanzioso sconto di pena in caso di eventuale condanna. Di certo il collegio difensivo (composto, tra gli altri, dagli avvocati Luigi Poziello, Domenico Dello Iacono e Raffaele Chiummariello) avrà il suo bel da farsi per limitare i “danni”. Le accuse formulata della Direzione distrettuale antimafia sono del resto di assoluta consistenza, dal momento che gli indagati devono a vario titolo rispondere di associazione mafiosa, oltre che di numerose estorsioni. Basi solide a Villaricca, ma legami d’affari con i Contini, i Mallardo e l’intera Alleanza di Secondigliano e nessuno sconto per le vittime del pizzo: «1.500 a Natale, a Pasqua e a Ferragosto». Ecco in sintesi struttura e mission del clan Ferrara-Cacciapuoti, disarticolato a inizio giugno dai carabinieri con un’operazione nata da un’inchiesta della Dda su indagini dell’Arma e della guardia di finanza. In 19 erano finiti agli arresti (in tre già lo erano per altri reati), accusati a seconda delle varie posizioni di camorra, droga, estorsioni e detenzione di armi. Ma non solo: gli inquirenti hanno anche ricostruito il tentato omicidio di Luigi Montella da parte di un esponente dei Ferrara, Giuseppe Mauriello: un episodio circoscritto che non derivava da una guerra tra le due famiglie storicamente alleate con alla guida Domenico Ferrara detto “Mimì ’o muccuso” e Luigi Cacciapuoti “Gigginiello”. Le indagini hanno consentito di documentare l’operatività del clan Ferrara-Cacciapuoti, storicamente aderente alla Nuova famiglia, collegato all’ala corleonese di Cosa Nostra e militarmente contrapposto all’epoca alla Nco di Raffele Cutolo. La cosca avrebbe circa 50 affiliati, ai quali in caso di detenzione spetterebbe “stipendio” e copertura delle spese legali. Nel corso dell’inchiesta, che copre un lungo periodo di tempo fino al 2018, è emersa la vocazione spiccatamente imprenditoriale dei Ferrara: nell’edilizia, nella ristorazione, nel settore degli idrocarburi e della commercializzazione di generi alimentari. Così come è stato acclarato che il clan, pur trafficando droga in maniera massiccia, avesse imposto il divieto di spaccio a Villaricca.
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