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Telefoni clandestini in cella, stangata al boss Enzo Mele

Telefoni clandestini in cella, stangata al boss Enzo Mele

Mazzette nel carcere di Nuoro, condanna severa pure per l’agente Deledda. Il ras di Pianura incassa 10 anni in primo grado, 6 anni alla sorella basista

NAPOLI. Giro di telefonini clandestini nel penitenziario di Nuoro, arriva la stangata per il boss Vincenzo Mele, che in primo grado rimedia oltre dieci anni di reclusione. Si è concluso ieri con la condanna di tutti gli imputati il processo a Nuoro celebrato con la formula del rito abbreviato per corruzione e introduzione di 21 telefonini nel carcere di Badu ‘e Carros, all’epoca dell’evasione del boss della Sacra Corona Unita, Marco Raduano, nel febbraio scorso. Il gup Mauro Pusceddu ha inflitto 6 anni e 2 mesi a Salvatore Deledda e Carmela Mele, rispettivamente agente del penitenziario nuorese con la qualifica di assistente capo e sorella del ras di Pianura Vincenzo Mele, anche lui imputato e condannato a 10 anni e 4 mesi.

Pene che vanno dagli 8 mesi ai 3 anni sono state invece comminate a 6 detenuti del carcere accusati di ricettazione: Gennaro Antonio Sautto ha rimediato 1 anno e 9 mesi, Agostino Ciccarelli e Pietro Desiderio 2 anni e 4 mesi a testa, Vito Antonio Catacchio e Francesco Caldarola 3 anni a testa, Fabrizio Manca 8 mesi. Il pubblico ministero aveva chiesto pene meno severe di quelle inflitte ieri pomeriggio dal giudice per i tre imputati principali: 5 anni e 4 mesi per Salvatore Deledda e Carmela Mele e 9 anni e 4 mesi per Vincenzo Mele. I difensori Stefano Stocchino e Roberto Corrias per Deledda e Gandolfo Geraci per Carmela e Vincenzo Mele, avevano sollecitato il riconoscimento delle attenuanti generiche in virtù della loro confessione, ma il giudice ha ritenuto di non concederle.

L’inchiesta era partita nell’estate dello scorso anno sulla scorta della segnalazione di un collega dell’agente sotto processo ed è culminata con l’arresto di Salvatore Deledda e Carmela Mele qualche mese dopo l’evasione di Raduano. In quei mesi tra i detenuti dell’alta sicurezza circolavano 21 telefonini, oltre a schede sim, cavetti e caricabatterie. Il materiale, secondo la Procura, arrivava all’interno di pacchi sigillati spediti da Napoli da Carmela Mele (appartenente con i fratelli alla nota famiglia di spicco della criminalità organizzata pianurese), nel periodo che andava da luglio 2022 sino a febbraio 2023. A riceverli e consegnarli ai detenuti, in particolare a Vincenzo Mele che era in contatto con la sorella, sarebbe stato l’assistente capo Deledda in cambio di 200 euro per ogni cellulare.

Gli investigatori hanno tracciato due transazioni elettroniche dal conto di Camela Mele a quello dell’agente: 1.200 euro in un caso, 250 euro in un altro. I cellulari venivano pagati dai detenuti, quasi tutti ristretti nell’ala dell’alta sicurezza, dai 100 ai 250 euro l’uno e le schede telefoniche erano intestate a cittadini stranieri. La polizia era però riuscita a recuperare tutti gli apparecchi all’interno del carcere e uno era stato trovato ancora addosso a un detenuto, altri invece rinvenuti nelle celle o in spazi comuni. I soldi arrivavano tramite bonifici su carte prepagate. Gli investigatori hanno tracciato finora pagamenti per circa 2 mila euro a favore dell’assistente capo Deledda.

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