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Giro di usura in via Epomeo: «Gli vado a rompere le corna»

Giro di usura in via Epomeo: «Gli vado a rompere le corna»

NAPOLI. In piena emergenza covid il suo negozio di prodotti informatici era andato in affanno e lui, pur di salvare l’attività, aveva deciso di rivolgersi alle persone sbagliate: gente senza scrupoli, che in pochi mesi l’aveva messo alle strette, pretendo la restituzione del prestito con tassi di interesse a dir poco vertiginosi. Alla fine Salvatore Fiore, imprenditore e politico di via dell’Epomeo, ha però trovato il coraggio di chiedere aiuto alle forze dell’ordine, alle quali ha raccontato per filo e per segno l’incubo nel quale era precipitato. La svolta sul caso è arrivata all’alba di ieri, quando i carabinieri hanno arrestato, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare, Carlo Capezzuto, 73 anni, Giuseppe Barretta, 39 anni, Nicola Siano, 47 anni, e Giovanni Minopoli, 46 anni. I primi due finiti in carcere, gli altri ai domiciliari. Gennaro Di Napoli, 54 anni, e Francesco Di Donato, 51 anni, hanno invece rimediato l’obbligo quotidiano di presentazione alla pg. Con l’emergenza covid la sua azienda di assistenza su prodotti informatici era andato in crisi. Fiore aveva così deciso di rivolgersi a degli usurai ed è stato costretto a restituire, fin quando ha potuto, un totale di circa 100.000 euro, per prestiti tra i 6.000 e i 71.000 euro. Poi l’imprenditore del quartiere Soccavo denuncia tutto ai carabinieri, che grazie ai suoi racconti e alle analisi delle chat presenti sul suo smartphone sono riusciti a individuare i presunti aguzzini. I sei indagati, ferma restando la presunzione di innocenza fino a prova contraria, sono gravemente indiziati, a vario titolo, dei reati di usura, aggravata in concorso, estorsione e tentata estorsione aggravata in danno del noto imprenditore flegreo. L’attività investigativa, coordinata dalla Procura di Napoli, è stata condotta dai militari del nucleo Operativo della compagnia Bagnoli tra aprile e luglio scorsi, dopo la denuncia dell’imprenditore, anche referente d’area del Partito democratico di Soccavo. «Digli a tuo padre che gli vado a rompere le corna, dove sta sta, a sto pezzo di infame, a questa carogna». Fiore aveva subìto minacce dirette, ma anche indirette, con messaggi testuali, ma anche vocali, via Whatsapp, inviate al figlio. Il gip ha anche disposto il sequestro del denaro presente sui conti correnti di Siano, Minopoli e Capezzuto. La vittima, che versava in gravi difficoltà economiche a causa dello scoppio della pandemia, è stata costretta a restituire, fin quando ha potuto, anche attraverso ricariche su PostePay, un totale di circa 100.000 euro per prestiti tra i 6.000 e i 71.000 euro. E le minacce che gli venivano rivolte erano indirizzate anche alla sua famiglia, evocando «gli amici siciliani» (una amicizia maturata, sosteneva uno degli indagati, mentre era detenuto) e anche sostenendo l’appartenenza a un clan di Secondigliano. Il riferimento, come si evince dalle 136 pagine del provvedimento cautelare eseguito ieri, è in questo caso al 39enne Giuseppe Barretta, vecchia conoscenza delle forze dell’ordine, anche per vicende estorsivo, in passato arrestato con un complice vicino ai Contini.

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