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Il clan Contini torna in aula, i “manager” verso lo sconto

Il clan Contini torna in aula, i “manager” verso lo sconto

NAPOLI. Tutto da rifare e per tredici presunti affiliati a ras del clan Contini prende corpo l’ipotesi di un sostanzioso sconto di pena. Lo scenario che si va profilando scaturisce dalla recentissima sentenza della Corte di Cassazione, che a fine settembre, pur confermando trenta condanne, aveva deciso di annullarne quasi la metà. Ebbene, a inizio febbraio inizierà il secondo processo di appello e le sorprese rischiano di essere dietro l’angolo. Capi e gregari del clan Contini tornano dunque alla sbarra per un nuovo giudizio di appello. A settembre per trenta imputati eccellenti la stangata era però diventata definitiva. La Prima sezione della Corte di Cassazione, accogliendo in pieno la linea della Procura, aveva infatti confermato una sfilza di condanne e tra queste spiccano quelle rimediate in primo e secondo grado da alcuni degli esponenti di punta del gruppo con base tra il Vasto e l’Arenaccia, tra cui i ras Antonio Aieta, Giuseppe Ammendola, Francesco Mallardo e Nicola Rullo. Non erano però mancati alcuni importanti colpi di scena. I giudici di piazza Cavour avevano infatti annullato con rinvio, seppur parzialmente, tredici condanne. Questo, nel dettaglio, il verdetto pronunciato dagli Ermellini della Prima sezione: annullamento con rinvio per Pietro Caso, difeso da Domenico Dello Iacono e Antonio Cavallo, Gennaro Costa, difeso dall’avvocato Antonio Abet, Maurizio Delle Donne, difeso da Giuseppe Ricciulli, Giuseppe Del Piano, difeso da Beatrice Salegna e Vittorio Guadalupi, Giuseppe Marsiglia e Giuseppe Giordano, anch’egli difeso dall’avvocato Salegna, in merito alla data di cessazione della partecipazione all’associazione mafiosa. Annullamento senza rinvio per Ettore Bosti per il capo 65 e rideterminazione della pena in 14 anni e 10 mesi, e per effetto estensivo annullamento per Salvatore Mendozzi, la cui pena è stata rideterminata in 9 anni e 8 mesi. Annullamento con rinvio per Vincenzo Capozzoli per il capo 95, Patrizio Picardi, Antonio Cristiano, dall’avvocato Giuseppe Perfetto, in merito agli aumenti di pena per i reati unificati, Alfredo De Feo e Salvatore Di Percope sul diniego della continuazione, Ettore Esposito per gli aumenti di pena per i reati unificati per continuazione. La Cassazione aveva invece rigettato i ricorsi di Ciro Acanfora, Antonio Aieta, Mario Ambrosio, Giuseppe Ammendola, Giulio Barbella, Gennaro Corrado, Fabio Cristiano, Gennaro De Rosa, Giuseppe De Rosa, Francesco Mallardo, Salvatore Merolla, Antonio Muscerino, Michele Patierno, Gennaro Pelliccio, Luciano Poggi, Nicola Rullo, Giuseppe Tolomelli, Gaetano Attardo e Antonio Pengue. Dichiarati infine inammissibili i ricorsi di Angelo Botta, Giovanni Botta, Vincenzo Botta, Nicola Botta, Pietro Cerbone, Alfredo Cuomo, Domenico Esposito, Massimo Fiorentino, Roberto Murano, Antonio Pesce e Giuseppe Arduino. Il processo conclusosi a settembre scaturiva dall’operazione “Cartagena”, la maxi-inchiesta che nel 2019 aveva portato all’esecuzione di oltre 120 arresti. L’indagine aveva consentito di ricostruire i nuovi affari dell’Alleanza di Secondigliano, il cui commercio si è trasformato in imprenditoria pura e il gip aveva firmato oltre 2mila pagine di ordinanza cautelare per 125 indagati arrestati. Nell’inchiesta comparivano tutti i personaggi di spicco del clan. I reati contestati andavano dall’associazione per delinquere di tipo mafioso al traffico e spaccio di stupefacenti, dall’estorsione al riciclaggio.

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