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10 Gennaio 2024 - 07:30
NAPOLI. Puntava, passando per il dibattimento, alla piena assoluzione. Invece il processo di primo si è rivelato per lui un tunnel senza via di uscita. Schiacciato dalle accuse di una raffica di pentiti, Raffaele Teatro, 33enne genero del boss degli Scissionisti Raffaele Amato, è stato condannato alla pena dell’ergastolo per l’omicidio di Francesco Feldi, alias “Franchetiello ’o tufano”, esponente del clan Sacco-Bocchetti assassinato al rione Berlingieri in un agguato camorristico il 19 febbraio 2011. Per lo stesso delitto era imputato anche il rampollo Carmine Amato, il quale aveva però scelto il rito abbreviato e, dopo aver ammesso le proprie responsabilità, era riuscito a cavarsela con soli vent’anni di carcere. L’iter processuale che ha visto alla sbarra Teatro ha però avuto tutt’altro esito. Inquadrato come il mandante e l’istigatore dell’omicidio, il ras secondiglianese ha infatti incassato la pena massima, non riuscendo a dimostrare nel corso del dibattimento la propria estraneità rispetto alla vicenda. Preso atto della solidità del quadro indiziario, i giudici della Corte d’assise di Napoli l’hanno dunque condannato al carcere a vita. Con la sentenza emessa a carico di Teatro cala dunque il sipario, salvo clamorosi ribaltoni in appello, su un delitto a lungo rimasto irrisolto. La svolta sul caso è arrivata infatti soltanto nel maggio 2022, undici anni dopo il delitto, quando in manette sono nuovamente finiti Carmine Amato, figlio di Pietro, defunto fratello del capoclan Raffaele, e di Rosaria Pagano, sorella del boss Cesare, e Raffaele Teatro. I due ras sarebbero stati i mandanti dell’assassinio di Francesco Feldi, ex uomo dei Licciardi e in seguito affiliato al clan Sacco-Bocchetti, avvenuto al rione Berlingieri, in via Stelvio, il 19 febbraio 2011. Feldi era tra l’altro già sopravvissuto a un agguato nel 2008. Francesco Feldi, detto “’o tufano”, è stato ucciso per il controllo della piazza di droga nel quartiere di San Pietro a Patierno e la decisione venne presa da Carmine Amato, alias “capa ianca”, e Raffaele Teatro, genero del boss Raffaele Amato. Il primo era nel 2011 a capo degli Amato-Pagano dopo arresti e pentimenti eccellenti. A raccontare ai magistrati della Direzione distrettuale antimafia i retroscena di quel delitto sono stati sei collaboratori di giustizia che già avevano consentito l’arresto dell’autista del commando, Attanasio Liguori, condannato in via definitiva a 30 anni di carcere; dell’esecutore materiale Giovanni Illiano, che deve scontare 16 anni; e dei fratelli Carmine e Gaetano Annunziata, condannati invece a 14 anni per aver recuperato l’auto dei killer e fatto sparire le armi. Proprio i fratelli Annunziata e Illiano hanno raccontato all’Antimafia il ruolo di Amato e Teatro. Le dichiarazioni da pentiti hanno permesso di chiudere il cerchio attorno al delitto che permetteva agli Amato-Pagano di prendere il posto dei Sacco-Bocchetti a San Pietro a Patierno. In particolare, hanno riferito dell’ordine di uccidere arrivato da Amato per mezzo del suo portavoce Teatro dopo un summit in una villa ai Camaldoli.
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