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Racket sui gadget del Napoli, il boss Troncone torna dentro

Racket sui gadget del Napoli, il boss Troncone torna dentro

NAPOLI. Bisognava pagare 500 euro per poter vendere i gadget del Napoli durante la festa scudetto dello scorso maggio. A imporre il racket nel quartiere Fuorigrotta sarebbe stato il gruppo criminale che fa capo alla famiglia Troncone. Di nuovo in manette è così finito il presunto ras 55enne Vitale Troncone, con suo figlio Giuseppe Troncone e il cognato Luigi Troncone. In carcere anche il 41enne Benito Divano. Le indagini, condotte dai carabinieri del nucleo Investigativo di Napoli sotto il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia, hanno portato all’alba di ieri al nuovo blitz anticamorra contro il clan di via Costantino, di recente colpito da un sequestro di beni sempre da parte dell’Antimafia ed eseguito dalla polizia. Anche dietro la gestione della vendita ambulante delle sigarette di contrabbando ci sarebbero i Troncone che, con le minacce, avrebbero imposto i loro prodotti, infiltrandosi poi nella vendita dei gadget azzurri durante la festa per lo scudetto. Durante le operazioni i carabinieri del nucleo Investigativo hanno effettuato anche una serie di perquisizioni delegate dal Tribunale partenopeo. «Ora ti sparo una botta (un colpo, ndr) in fronte, non ho paura di nessuno e neanche di ucciderti». E ancora: «Devi dire a tua moglie che non deve intromettersi... non ho paura di uccidervi... per colpa tua mio figlio è armato e sta rischiando di essere arrestato». Non avevano mezze misure Giuseppe e Vitale Troncone, ritenuti dagli inquirenti le figure al vertice dell’omonima famiglia malavitosa decapitata ieri con quattro arresti notificati dai carabinieri del comando provinciale. La vittima del raid è un ambulante del quartiere Fuorigrotta, costretta a pagare il pizzo affinché la moglie potesse vendere i gadget della Ssc Napoli e anche ad acquistare ingenti quantità di sigarette di contrabbando - a prezzi maggiorati - che non era poi in grado vendere. Nel settembre scorso, secondo quanto riferito agli investigatori che hanno lavorato al caso, la vittima sarebbe stata anche minacciata di morte in quanto, in quell’occasione non era riuscito a corrispondere la somma di 500 euro. La vittima sarebbe stata costretta in particolare ad acquistare un carico di 150-200 stecche di “bionde” fuorilegge, pagando ognuna di queste 24 euro. A interfacciarsi con l’ambulante Antonio Grillo, armato di pistola e in sella a uno scooter, in quell’occasione, sarebbe stato Luigi Troncone, cognato del boss Vitale Troncone: «Per colpa tua mi fai arrestare... mi hai fatto venire armato... e ora perché non mi hai dato tutti i soldi che devi darci, mi hai costretto a scendere anche domani che è domenica». Il giorno dopo, la vittima, per timore di ritorsioni ai suoi danni, della moglie e dei figli piccoli, ha consegnato la parte mancante del denaro richiesto al boss Troncone, recatosi per il prelievo. Anche Giuseppe e Vitale hanno minacciato di morte l’ambulante. Minacce, anche rivolte al figlio della coppia. Difesi dall’avvocato Antonio Abet, i tre Troncone sono ora in attesa dell’interrogatorio.

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