Cerca

Abbattimenti, salvare le case di necessità

Abbattimenti, salvare le case di necessità

NAPOLI. Un immediato ferma ruspe e una graduazione per gli abbattimenti di quegli edifici di cui si è eventualmente accertata una costruzione impropria. L’associazione popolare Casa Mia insiste nella sua battaglia a tutela di quei proprietari e inquilini residenti in edifici sorti decenni fa senza alcun titolo autorizzativo e rientrante nei cosiddetti “abusi di necessità’’. Casa Mia prende spunto dalla storia raccontata dal Roma con protagonista Miriam Graniglia residente insieme alla sorella incinta, già mamma di una bambina, e al cognato in un’abitazione a Ponticelli con un primo piano, uno ammezzato e un garage. Secondo la Procura di Napoli la casa di via Provinciale delle Brecce va distrutta perché realizzata superando i limiti volumetrici di 3mila metri cubi stabiliti da alcune norme in materia urbanistica. «È vero, noi abbiamo fatto questi abusi ma i politici dov’erano quando dagli anni ’80 in poi hanno costruito migliaia di case per necessità? Quelle costruzioni erano comode a tutti» attacca il presidente di Casa Mia, Domenico Esposito. Nella sola Campania, secondo i calcoli dell’associazione popolare, ci sono 700mila fabbricati di cui si sospetta nate in barba alle leggi che regolano l’edilizia. Di questi, sempre sul territorio regionale, ce ne sarebbero circa 80mila con la resa cioè destinate all’abbattimento perché sono stati ravvisati degli abusi. «Allora vogliamo abbattere tutto distruggendo tutta la Campania e 3,5 milioni di persone coinvolge dove le mettiamo? – chiede Esposito - Non è stato fatto alcun piano concreto per sviluppare l’edilizia popolare. Se si abbattono queste case, come ad esempio quella di Miriam Graniglia e di sua sorella incinta, da altre parti bisogna costruire. Per molti c’è il rischio di non sapere dove andare». Esposito insiste: «Abbattere la casa di un contravventore che non avrebbe alcuna alternativa abitativa è disumano. Le abitazioni dei camorristi e dei delinquenti invece non vengano mai abbattute». Esposito rafforza il concetto. «I soldi spesi dai Comuni per distruggere le case non saranno mai restituiti proprio perché chi vi abita non ha nulla, nemmeno i soldi per gli avvocati che seguono le cause. Non solo, spesso gli stessi Comuni chiedono fondi a Casa Depositi e Prestiti, proprio perché non ne hanno». È per tale motivo Casa Mia insiste sulla graduazione, distinguendo gli abusi di necessità a quelli perpetrati in aree vincolate dal punto di vista paesaggistico e ambientale come verificato in alcune zone alluvionate dell’Italia, a partire dall’Isola di Ischia (non tutte le abitazioni in realtà avevano violato le norme). Il riferimento su cui gli attivisti di Casa Mia si aggrappano, in attesa che dal Governo più volte incontrato qualcuno se ne occupi davvero, è il Ddl Falanga del 2017 che stabilisce di differenziare i casi dei giusti abbattimenti di quegli edifici costruiti in aree soggette a vincoli ambientali, idrogeologici, storico-artistici e su aree demaniali da altre tipologie. Domenico Esposito conclude denunciando la mancanza «dei piani regolatori dei Comuni. Ci sono interi quartieri residenziali, scuole, supermercati nati senza il rispetto delle regole. Non è meglio sanare il sanabile?».

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Il Roma

Caratteri rimanenti: 400

Logo Federazione Italiana Liberi Editori