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Scagionato il killer dei Liccardi: il Riesame annulla l'ordinanza per Raffaele Porta

Scagionato il killer dei Liccardi: il Riesame annulla l'ordinanza per Raffaele Porta

Omicidio per una relazione proibita, il tribunale del Riesame, chiamato a un secondo pronunciamento dopo l’annullamento della Cassazione, salva il presunto killer del clan Licciardi Raffaele Prota. I giudici della Decima sezione, accogliendo in pieno la linea dei difensori di Raffaele Prota, gli avvocati Gennaro Pecoraro e Salvatore D’Antonio, hanno infatti annullato l’ordinanza di custodia cautelare da cui l’indagato era stato raggiunto a maggio scorso. A nulla sono servite le dichiarazioni del neo pentito Salvatore Ruggiero, che ha fallito il riconoscimento di Prota e anche dalle intercettazioni non sarebbero emersi ulteriori elementi a carico del presunto sicario. Il Riesame ha invece confermato il titolo cautelare per Paolo Abbatiello e Gianfranco Leva. Tutti e tre erano a vario titolo accusati di aver concorso nell’omicidio di Salvatore Esposito. Aveva osato intrattenere una relazione amorosa con la moglie di un affiliato ai Licciardi in quel periodo detenuto. Così, pur sapendo di rischiare ben conoscendo le regole d’onore della camorra, Salvatore Esposito andò incontro alla morte. Ma la punizione fu ancora più terribile: alcuni componenti dei Polverino, alleati del clan della Masseria Cardone di Secondigliano, completarono l’opera degli esecutori materiali del delitto sciogliendo il cadavere nell’acido: una tecnica appresa da Cosa Nostra grazie al legame con Totò Riina. Circostanza da brividi: al momento dell’omicidio il legame extraconiugale era finito da tre mesi perché la donna aveva lasciato il 38enne per un altro uomo. Eppure la vendetta arrivò lo stesso. Fu lo stesso “Totoriello” a farlo sapere al clan inviando una lettera anonima al marito tradito in carcere. Dell’omicidio di Salvatore Esposito, autista e uomo di fiducia della cosca scomparso il 27 settembre 2013, devono rispondere e sono stati arrestati all’alba di ieri Paolo Abbatiello, Raffaele Prota e Gianfranco Leva, tutti esponenti dei Licciardi. Avrebbero avuto il ruolo di mandanti nonché di partecipi alla fase esecutiva insieme a Giuseppe Simioli mentre gli altri indagati avrebbero partecipato alle azioni materiali: Salvatore Ruggiero, Felice Moraca, Carlo Nappi, Crescenzo Polverino, Giuseppe Ruggiero e Alessandro De Luca. L’accordo che avrebbe ucciso “Totoriello” chi si fosse trovato più vicino a lui e nella ricostruzione degli inquirenti, fu Carlo Nappi a sparare. Il gruppo poi distrusse il cadavere, sciogliendolo nell’acido e bruciandolo con un bollitore nelle campagne dei Camaldoli. La vittima lavorava, per circa 1.500 euro, soprattutto per un giovane esponente del clan, per il quale era a disposizione giorno e notte. Lui non era contento e in un’intercettazione si lamentava: «ma questo non dorme mai...». Le indagini, coordinate dalla Dda, sono state condotte dai carabinieri del Ros e del comando provinciale di Napoli. L’input decisivo è arrivato dal pentimento di Giuseppe Simioli, le cui dichiarazioni hanno fornito riscontri alle intercettazioni partite tra Maria Licciardi e Gianfranco Leva. 

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