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Suicidi in carcere, penalisti napoletani scrivono a Mattarella

Suicidi in carcere, penalisti napoletani scrivono a Mattarella

NAPOLI. La Camera degli avvocati penalisti “Sebastiano Fusco" aderisce all’astensione proclamata dall’Unione Camere Penali condividendone ragioni e obiettivi. E di fronte alla vertiginosa escalation dei suicidi in carcere, il direttivo dell’organismo forense, inoltra un accorato appello al Capo dello Stato chidendone l’alto ed immediato intervento. Con la nota, inoltrata oltre che al Quirinale, anche al Ministro della Giustizia Carlo Nordio, al Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano ed ai Presidenti della Commissioni Parlamentari Giustzia di Camera e Senato, la Camera degli avvocati penalisti lamenta che «15 suicidi in carcere da inizio anno sono trend drammatico che, in assenza di interventi immediati, rende conseguente la previsione che il bilancio finale rischi di assumere dimensioni di una carneficina annunciata».  

«La soluzione non può essere affidata al mero intendimento di costruire nuove prigioni perché – si legge nel documento -  la tempistica sottesa alla realizzazione di tale nobile piano di edilizia carceraria suona come una condanna a morte per moltitudini di infelici. Al tramonto dello stato sociale corrisponde l’espansione dello stato penale volto a contenere gli emarginati, gli esclusi dalla decrescita infelice ossia dai quei processi concepiti dal tecno capitalismo dominante ed eufemisticamente imposti come transizioni».  

«La Camera degli avvocati penalisti “Sebastiano Fusco" – afferma il presidente Simona Lai -  soprattutto denunzia che l’aumento della condizione disperante in versa la popolazione carceraria è accresciuto dagli effetti delle recenti riforme processuali introdotte dalla legge Cartabia in quanto volte a limitare drasticamente la legittimazione ad impugnare dei difensori dei detenuti».

«L’aumento dei suicidi – si legge chiaramente nel testo - è un effetto della disperazione carceraria generata non solo dal sovraffollamento e dalla condizione inumana in cui versano i reclusi. È anche il dramma dell’abbandono generato non solo dalla carenza di strutture carcerarie ed operatori penitenziari ma dalla disperante mortificazione della difesa tecnica resa ancora più acuta dalla riforma Cartabia». 

«Gli effetti delle drastiche limitazioni imposte alla legittimazione ad impugnare sentenze di condanna e provvedimenti coercitivi sono in aperto contrasto con il dettato costituzionali – si chiarisce nell’esposto- in quanto determinano il conseguente inesorabile passaggio in giudicato di migliaia verdetti di colpevolezza che fagocitano, soprattutto i meno abbienti, nel tritacarne della inappellabile definitiva esecuzione di una carcerazione che potrebbe talvolta essere evitata e talaltra significativamente mitigata».

Il documento conclude invocando  interventi legislativi immediati: notifica dell’estratto della sentenza di condanna per gli imputati giudicati in assenza; legittimazione ad impugnare sentenze di condanna, provvedimenti applicativi di misure coercitive del difensore di ufficio o di fiducia, senza necessità di mandato speciale e nuova elezione di domicilio, allorquando si tratti di imputati detenuti in carcere o imputati irreperibili; ripristino uffici impugnazioni esterne; deposito telematico di istanze, note, memorie e impugnazioni facoltativo e non obbligatorio per le parti processuali. 

«Quelle invocate – aggiungono conclusivamente Enzo Dostuni e Gaetano Inserra quali portavoci e triumviri del direttivo della Camera “Sebastiano Fusco" -  sono urgenze non avvertite come tali dalle forze di governo e che trovano analoga insensibilità nel giustizialismo forcaiolo che ispira larga parte delle opposizioni e che sottendono un agghiacciante  manicheismo che non vuole elaborare  percorsi che non privino di opportunità le scelte di coloro che non intendano ancora ledere il bene proprio, altrui e quello generale».

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