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12 Febbraio 2024 - 08:38
«Mamma… cavallo pazzo ha sparato a Nico». Alle 18 e 29 del 17 gennaio Gennaro Moffa parla con la madre e nella concitazione del momento non pensa di poter essere intercettato. Così “Genny” conferma i sospetti degli investigatori su Giuseppe Marigliano in relazione al clamoroso agguato appena compiuto contro il fratello Nicola Giuseppe. Ma non solo: altre conversazioni registrate hanno permesso ai poliziotti della Squadra mobile, coordinati dalla Dda, di capire che i due congiunti erano insieme al momento della sparatoria tra via Ciccone e corso Arnaldo Lucci, anche se uno solo uno di essi è rimasto ferito. Inoltre, dalle frasi pronunciate appare chiaro che le vittime conoscevano gli autori del raid. Nicola Giuseppe Moffa, “Nico” per amici e nemici, indicato come vicino ad ambienti dei Contini, è oggetto intorno alle 18 e 15 del 17 gennaio di un agguato mentre cammina a ridosso delle Case Nuove, suo luogo di residenza. Rimane ferito a una gamba mentre un proiettile vagante colpisce un’anziana passante a un gluteo, rischiando di ucciderla. Gli investigatori sono impressionati dal numero enorme di proiettili esplosi, ben 81, circostanza che dà subito la certezza del contesto camorristico. Le indagini, condotte dagli investigatori della Omicidi della Mobile, coordinati dal vicequestore Luigi Vissicchio, si addensano su un gruppo di giovani emergenti ritenuto legato a “mazzarelliani” più grandi d’età. Così viene focalizzata l’attenzione su un appartamento in via Nuova Poggioreale, dove un’irruzione della polizia porta al fermo (poi convalidato dal gip) di 5 uomini per il possesso di due pistole. Tra essi ci sono Giuseppe Marigliano, alias “cavallo pazzo”, e Ovalle Jenssi Ortega, iscritti nel registro degli indagati per il ferimento di Nicola Giuseppe Moffa. Con loro, accusati soltanto di armi, ci sono Angelo Esposito, Gennaro Leonee Antonio Sorrentino. Per tutti naturalmente, vale il principio della presunzione d’innocenza fino all’eventuale (va sottolineato) condanna definitiva. L’inchiesta decolla con la visione delle immagini della videosorveglianza e le intercettazioni telefoniche e ambientali. Le prime permettono di notare la presenza di Giuseppe Marigliano e Ovalle Jenssi Ortega sul luogo della sparatoria, prima e dopo, in sella a due scooter diversi. Si vede anche un uomo che da una finestra a piano terra passa una pistola al giovane di origini dominicane. Quanto alle conversazioni intercettate ne riportiamo altre che dimostrano come le vittime conoscessero gli aggressori indicandoli con i soprannomi.
Gennaro Moffa: «O’ Nì…come stai?».
Nicola: Giuseppe Moffa: «’O Gè, nelle cosce, sto andando ai Pellegrini».
Gennaro: «’O Nì, ti fa male tanto?».
Nicola Giuseppe: «Eh, come no…».
Gennaro: «Quante botte ti ha colpito?».
Nicola Giuseppe: «Due, tre, ma a te ha colpito?».
Gennaro: «No, Niko. Lo devo uccidere».
Successivamente, alle 18.34, “Genny” parla con il padre, Giuseppe Moffa, e i due si scambiano informazioni sull’agguato. «Li dobbiamo uccidere a questi qua». «’O nir adda…», che secondo gli inquirenti si identifica in Ovalle Jenssi Ortega, giovane dalla carnagione più scura p0er le origini dominicane. Va precisato che lui e “cavallo pazzo” per il tentato omicidio sono indagati a piede libero mentre per le armi in carcere.
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