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Pizzo sugli immobili all’asta, scacco gli aguzzini del clan

Pizzo sugli immobili all’asta, scacco gli aguzzini del clan

NAPOLI. Racket per conto degli Amato-Pagano sugli immobili all’asta, l’inchiesta regge ma la stangata non arriva. Il processo di primo grado celebrato con la formula del rito abbreviato si è concluso ieri mattina la condanna di Enrico Bocchetti e Pasquale Furiano a 5 anni e 4 mesi di reclusione a testa. Il pubblico ministero aveva chiesto invece di condannare i presunti aguzzini a 8 anni ciascuno, il gup ha però concesso a entrambi le attenuanti generiche, in quanto avevano in precedenza risarcito la vittima, Alfonso De Magistris, con la somma di 10mila euro. Accuse in frantumi invece per l’imprenditore Salvatore Silvestri, che è stato completamente assolto. Per lui il pm aveva invocato una condanna a 6 anni e 4 mesi. Tutti e tre gli imputati erano difesi dagli avvocati Leopoldo Perone, Domenico Dello Iacono e Rocco Maria Spina. Che le cose per l’imprenditore Silvestri si stessero mettendo bene lo si era capito già a dicembre, quando per lui è scattata l’inattesa scarcerazione. Il gip del tribunale di Napoli, Gianluigi Visco, sposando la linea difensiva, aveva infatti concesso al 59enne l’obbligo di dimora nel comune di Spoleto. Un inatteso ridimensionamento del titolo cautelare, scaturito dagli sviluppi emersi nel corso del processo di primo grado che ha portato alla sbarra Silvestri, Pasquale Furiano ed Enrico Bocchetti, quest’ultimo noto per essere il genero dello storico boss degli Scissionisti, Cesare Pagano. Sui tre imputati pendeva la pesante accusa di estorsione, ma i difensori di Silvestri in seguito all’escussione della vittima, hanno fatto emergere il ruolo marginale che il loro assistito avrebbe avuto nella vicenda. Preso atto del ridimensionamento del quadro indiziario, il giudice del rito abbreviato aveva dunque disposto l’immediata scarcerazione di Silvestri, che ha così lasciato il penitenziario nel quale si trovava detenuto da giugno. Secondo la ricostruzione della Procura, avrebbero preteso 14mila euro, in segno di “rispetto della famiglia”, da un imprenditore il cui figlio aveva appena acquistato all’asta due immobile a Melito. Per due volte cinque uomini ritenuti legati al clan Amato-Pagano si sarebbero incontrati a turno con la vittima e di fronte ai suoi tentativi di guadagnare tempo, avrebbero abbassato le pretese fino a scendere a 8mila euro da consegnare in due tranche: prima 5.000 e poi 3.000. Ma un’amara sorpresa attendeva i presunti estorsori: i carabinieri e la polizia stavano indagando e pochi mesi fa c’è stato il secondo sviluppo importante dell’inchiesta con l’arresto di Salvatore Silvestri, Pasquale Furiano ed Enrico Bocchetti, parente acquisito del boss Cesare Pagano. Nell’inchiesta erano stati coinvolti anche altri due complici, Luciano De Luca e Luigi Tutino, i quali sono stati però giudicati separatamente e condannati a 6 anni e 4 mesi a testa. Il presunto ras Bocchetti e Furiano sono invece riusciti a cavarsela con pene inferiori di un anno, per l’imprenditore Silvestri è addirittura arrivata l’assoluzione dopo l’escussione della vittima dell’odioso taglieggiamento.

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