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02 Marzo 2024 - 14:50
NAPOLI. Il professore Samuele Ciambriello è il Garante campano delle persone sottoposte alla privazione della libertà, rinnovato nell’aprile scorso per un secondo mandato della durata di cinque anni, e da novembre 2023 è anche portavoce della Conferenza nazionale dei garanti. E per l’iniziativa con il “Roma” affronta diversi temi che riguardano la Campania.
Qual è la prima questione più rilevante per le carceri della nostra regione sulla quale si dovrebbe intervenire subito?
«In carcere si muore di troppe speranze deluse. Dall’inizio dell’anno nella nostra regione si sono registrati cinque suicidi e decine di tentativi di togliersi la vita. Questa è la prima piaga che rischia di schiantare il nostro sistema penitenziario. Altre emergenze sono sovraffollamento; episodi di malasanità; organici ridotti all’osso; mancanza di figure socio sanitarie quali medici, infermieri, psicologi, psichiatri, educatori, assistenti sociali. Alcune strutture sono a pezzi, mancano acqua calda, servizi igienici e riscaldamento. E sono poche le misure alternative al carcere per chi deve scontare anche solo meno di due anni».
Su quest'ultimo aspetto può fornire un dato significativo e quantitativo?
«Al 16 febbraio di quest’anno abbiamo 94 detenuti condannati ad una pena inflitta da un mese ad un anno di carcere e 240 con una condanna da uno a due anni. Complessivamente 334 soggetti che potrebbero beneficiare di misure alternative al carcere. A questo aggiungiamo che abbiamo sempre 787 detenuti/e che devono scontare un residuo pena da un mese ad un anno di carcere e 948 detenuti/e che devono scontare un residuo pena di due anni. E poi, una volta liberi, 1735 “invisibili”, ovvero i detenuti senza fissa dimora che io chiamo “poveri cristi” di cui nessuno si occupa».
Ritorniamo sui suicidi e sui temi della prevenzione, della tossicodipendenza in carcere e della salute mentale: può anticipare qualcosa rispetto allo scorso anno?
«Nel 2023 abbiamo avuto tre suicidi e 156 tentativi. Sempre per quel che concerne lo scorso anno, mancavano 17 educatori e per le articolazioni psichiatriche non sono state rese funzionanti quelle di Sant’Angelo dei Lombardi e di Benevento. E mancano sulla carta 480 agenti penitenziari. Il dato che voglio enfatizzare nelle carceri campane, rispetto alla popolazione attualmente composta da 7.300 detenuti circa, è che 1.400 sono tossicodipendenti, 860 tra Poggioreale e Secondigliano; 220 con problemi psichici e di salute mentale, e di questi ultimi molti sono a Poggioreale dove ci sono solo due psichiatri. Ho scritto al direttore generale all’Asl Napoli 1 Centro, Ciro Verdoliva, per chiedere un rafforzamento del Serd di Poggioreale, che opera benissimo, con medici, psicologi, mediatori linguistici ma che attualmente risulta sottodimensionato come personale. Ho chiesto, inoltre, per curare i melati mentali delle carceri, l’istituzione di un’Unità operativa semplice del Dipartimento di salute mentale con figure che garantiscano la prevenzione, la cura ed il re-inserimento di coloro che presentano un disagio mentale o malattia psichica, come d’altronde previsto con un decreto di Giunta regionale del 2018 ad oggi inapplicato».
Lei che gira la Campania e che ha un ruolo istituzionale del consiglio regionale, ci può dare qualche buona notizia o prassi nelle carceri?
«Fortunatamente c’è un ottimo volontariato attivo e anche diverse cooperative sociali, strutture esterne al carcere, che aiutano i diversamente liberi sul tema dell’accoglienza. Occorre implementare le attività trattamentali nelle carceri e aprire le celle in sezioni e reparti per evitare che i detenuti siano rinchiusi 20 ore su 24. La buona notizia è che tra un mese l’Assessorato regionale alle Politiche sociali pubblicherà un bando rivolto a cooperative e associazioni per l’accoglienza di detenuti senza fissa dimora e per fare progetti che prevedano lo svolgimento di laboratori dentro il carcere e in area penale esterna. Mi sento di dire che il carcere è una “comunità penitenziaria” fatta di detenuti e detenenti. Se stanno bene i primi stanno bene anche gli altri. Mi auguro che la comunità esterna sia più sensibile a questi temi perché il dettato costituzionale parla di reinserimento sociale. Il carcere serve a rieducare e la politica non deve considerare questo luogo una discarica sociale oppure un ospizio dei poveri».
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