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09 Marzo 2024 - 08:50
Sono tutti minori: la vittima fu ferita a piazza Carlo III mentre era in compagnia della fidanzata
NAPOLI. Altri tre minorenni sono indagati nell’ambito dell’inchiesta sull’agguato al 16enne del Borgo Sant’Antonio Abate, in piazza Carlo III lo scorso 27 dicembre mentre era in compagnia della fidanzata 13enne. Si tratta degli amici dell’autore materiale degli spari contro il ragazzo, responsabili secondo l’accusa di essere tornati sul luogo del delitto e di aver tagliato con un coltello le ruote del motorino della vittima. Commettendo quindi in concorso due reati: porto e detenzione di arma bianca e danneggiamento. A mettere nei guai i tre, indagati a piede libero a differenza dei due protagonisti dell’agguato, sono stati una serie di indizi, a cominciare dal racconto della vittima. Si conoscono benissimo e la rivalità tra i due gruppi, uno del Borgo Sant’Antonio Abate e l’altro del quartiere Poggioreale, andava avanti da tempo.
Così come le minacce via whatsapp, ricostruite dagli attenti investigatori della sezione Omicidi della Squadra mobile della Questura. Emblematico è anche il nome scelto per una chat: “18 gocce di sangue e catene santa Fidelian”, con 19 partecipanti. L’agguato al 16enne è stato compiuto da un coetaneo nipote di un ras del clan Licciardi di Secondigliano con un complice che guidava il motorino, entrambi arrestati martedì scorso. Loro stessi si sono accorti che la vittima designata non era armata e per la rabbia, insieme ai tre amici minorenni indagati a piede libero sono tornati ai giardinetti di piazza Carlo III mentre il ferito era a terra in attesa dell’ambulanza. Nonostante la presenza anche della fidanzata e numerosi passanti, si sono diretti allo scooter della coppia di fidanzati, l’hanno gettato a terra e hanno tagliato le ruote con un coltello.
Poi sono fuggiti. Le indagini, partite subito, sono decollate grazie alla microspia piazzata nella stanza d’ospedale ai Pellegrini e hanno avuto il clou con l’esecuzione delle misure cautelari. Il 16enne era in vacanza a Sharm El Sheik e attenderlo all’aeroporto ha trovato il vicequestore Luigi Vissicchio con i suoi collaboratori. L’altro era invece a casa. «Appena salirono la piazza sul mezzo, lui cacciò il coso (fucile, ndr) dal giubbino, presi lei e la buttai a terra, poi iniziai a correre nei giardinetti fino a quando ho sentito il braccio addormentato. Appena sono scappato… boom… era una scoppetta… sarà del nonno che la teneva per sparare ai cani e se la sarà presa». Ecco il momento della svolta nelle indagini. Quando la vittima, parlando con i familiari in ospedale ha fatto chiaramente capire che conosceva chi aveva cercato di ucciderlo.
Così i poliziotti della Mobile sono risaliti a un coetaneo del ferito, anch’egli incensurato: è il nipote di un ras del clan Licciardi di Secondigliano. Ieri è stato arrestato e accompagnato in un istituto penitenziario minorile insieme con il complice, un 17enne che quella sera guidava lo scooter. L’agguato, nella ricostruzione degli inquirenti (ferma restando la presunzione d’innocenza dei due indagati fino all’eventuale condanna definitiva) sarebbe il frutto avvelenato di uno scontro tra due gruppi di giovanissimi che andava avanti da tempo con fasi di guerra e pace. Sul cellulare del 16enne, ferito a un braccio da un fucile a pallini, è stata trovata una conversazione una whatsappe tra lui e il coetaneo che gli avrebbe sparato. Il tono è da scherno e si può perciò ipotizzare la vendetta, compiuta alle 19 e 50 del 27 dicembre: «Mi raccomando , fai sparare a ... che è più doppio. Tu sei secco secco e se ne scappa il braccio. Ma poi che devi sparare con questo fucile a pompa degli anni ottanta puzzolente... prendi una mitraglietta a piombini di ferro, ti diverti di più. Hai capito che sei pelle ossa e ogni schiaffo che ti do ti faccio fare due metri?».
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