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09 Marzo 2024 - 19:58
NAPOLI. In Italia nell’anno 2023, sono stati commessi 2032 delitti a carico dei minorenni e giovani adulti entrati negli Istituti penali per i minorenni 1.275 sono i reati commessi contro il patrimonio di cui 703 rapine e 348 furti; 522 sono i delitti commessi dai minori contro la persona, 228 lesioni personali volontarie. 58 reati a sfondo sessuale (violenze sessuali) e 58 minori accusati di atti persecutori (stalking). Nell’anno 2023 sono stati commessi dodici omicidi volontari da parte dei minori italiani (undici commessi da minori di sesso maschile e uno da una ragazza) e 75 giovani sono stati accusati di tentato omicidio. In Campania sono stati commessi cinque omicidi consumati da ragazzi di età compresa tra 14 e 17 anni e 23 tentati omicidi di cui 14 sempre da parte di ragazzi tra 14 e 17 anni. A questi si aggiungono undici reati di violenza sessuale e cinque reati legati ad atti persecutori, sempre nella fascia di età più giovane. «Voglio dire alcune cose, sicuramente provvisorie e parziali, che ho capito a partire dalla mia esperienza degli anni Ottanta con l’associazione La Mansarda, sui fenomeni emergenti del disagio, della devianza, delle microcriminalità e delle cosiddette babygang. Siamo di fronte ad adolescenti a metà, con un blackout cognitivo, una totale assenza di realtà e di ispirazioni valoriali, spesso con una deriva disumana e un’incapacità di riconoscere la risonanza emotiva dei loro gesti che fa rabbrividire. Vivono d’istinto e d’istante, vogliono tutto e subito» dice il Garante campano dei detenuti, Samuele Ciambriello. «La risposta della politica, a fronte di tutto ciò, è sicurezza in carcere. Non c’è la capacità di capire, di organizzare risposte e fare prevenzione. Ma una società giudica un minore e dopo lo mette in carcere è una società malata che sta giudicando se stessa e la propria malattia» sottolinea. «Occorre selezionare i minori, non fare di tutta l’erba un fascio. Ci sono quelli che evadono l’obbligo scolastico, altri che vivono un disagio, e alcuni che hanno un conflitto un famiglia o patiscono un sottosviluppo economico. O ancora un vuoto culturale, oppure scontano diritti negati o politiche sociali deboli» spiega il Garante. «Ci sono poi i bulli, che si sentono importanti e vogliono farsi notare dalle loro comunità. Sono ragazzini molto piccoli che compiono violenze, anche immotivate, solo per affermare se stessi e la propria presenza sul territorio - dice Ciambriello -. Questi ragazzi possono essere aiutati da diversi attori sociali a percepirsi come persone in grado di mettersi in gioco, ritrovarsi, reinventarsi, senza passare al secondo livello della devianza e al terzo della microcriminalità». Infine: «Poi ci sono quelli che vedono la malavita come una sorta di “comunità-sorella” alla quale sono orgogliosi di appartenere, mitizzando figure dei boss che vedono come eroi positivi. Sanno che devono dimostrare qualcosa di importante fino al compimento della maggiore età, vivono come un orizzonte di vita la fase successiva all’essere minori e quindi fare il grande salto anche entrando nel carcere minorile. Non devono essere solo puniti per educarli, perché questa è una politica miope e dannosa che parte dall’idea antipedagogica della rieducazione forzata del minore. Abbiamo bisogno di fargli incontrare legalità, scuola, formazione e affetto valutando caso per caso e non trattando questi ragazzi come pacchi postali definendoli subito criminali. Dobbiamo capire, ascoltare e fare qualcosa di positivo anche dentro gli istituti per evitare il passaggio dal carcere minorile a quello degli adulti e la recidiva. Bisogna ascoltare, perché punire è diseducativo»
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