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La verità sulla (s)vendita del Banco di Napoli

La verità sulla (s)vendita del Banco di Napoli

 Il libro di Andrea Rey apre squarci su quella che fu un’operazione molto discussa e di cui ancora il Sud paga le conseguenze

NAPOLI. «Io volevo intitolarlo “La rapina del Banco di Napoli”, ma mi hanno consigliato di scrivere la scomparsa. Andrea Rey, ricercatore dell’Università Federico II, lo dice alla presentazione del suo libro “La scomparsa del Banco di Napoli” (Editoriale Scientifica) a Palazzo Ricca, sede della omonima Fondazione. L’ epigrafe del volume recita: “Per Napoli. Per le verità”. E di verità sulla svendita della Banca che era la più antica del mondo -lo hanno ribadito gli studiosi intervenuti ieri se ne sono ascoltate diverse, mescolate a qualche lacrima di coccodrillo. La Fondazione Banco di Napoli, erede solo del grande archivio di storia bancaria del vecchio Istituto ha acceso i riflettori sulla messa in liquidazione del più importante istituto di credito del Sud (allora la settima banca italiana per dimensioni) con il convegno “Sud, identità e futuro” svoltosi il 10 e 11 novembre scorso. «Si deve parlare della presa del Banco di Napoli – ha detto Orazio Abbamonte, presidente della Fondazione – vendendolo si è privato delle sue viscere il tessuto economico del Sud, e si sono perse una infinità di occasioni per il nostro territorio. Essere privi di un istituto bancario di riferimento produce queste conseguenze. Il grande patrimonio, artistico posseduto dal Banco oggi è esposto ha proseguito Abbamonte – nelle Gallerie d’ Italia di IntesaSanpaolo. In realtà è il Museo del Banco di Napoli, ma non è indicata neanche la provenienza dei dipinti. Una targhetta accanto ad alcuni di essi informa i visitatori che si tratta di quadri messi a disposizione da Banca Intesa. Se solo si osservano queste opere e si pensa per quanto fu venduto il Banco (in lire, l’ equivalente di 31 milioni di euro, ndr) si comprende la violentissima operazione che fu compiuta nel 1996 con la vendita dell’ Istituto, senza che vi fosse nessuna seria resistenza da parte della classe politica napoletana e meridionale. Fu un atto di violenza legislativa compiuto con una serie di decreti legge e la Fondazione ha avviato, con la presidenza di Rossella Paliotto un contenzioso con il Mef, perché lo Stato non ci ha neanche corrisposto l’indennizzo previsto dal decreto Ciampi nel caso in cui il dare-avere della liquidazione del Banco fosse stato a favore dei proprietari”. Adriano Giannola, che era componente del cda del Banco quando ne fu votata la liquidazione, e poi del direttivo di Srm, centro studi del Sanpaolo, citando documenti dell’ Università di Cambridge, ha puntato il dito sugli economisti di Bankitalia. «Nel 1993 – ha affermato chiesero ai politici il consolidamento delle banche del Sud e il loro acquisto da parte delle concentrazioni bancarie del Nord». Missione compiuta. Con complicità, però, anche interne al Banco. E un suo ex dirigente, Gennaro Cortucci, ex capo dell’ Area Bilancio dell’ Istituto, in un appassionato intervento ha ricordato che tra il 1991 e il 1993 il Banco di Napoli realizzò utili per circa 600 miliardi di vecchie lire mentre Bnl e Ina assicurazioni, primi acquirenti dell’ Istituto di credito, «sotto la regia della Banca d’ Italia imposero l’avvio di un’ azione di risarcimento nei confronti dei passati amministratori»Squarci di verità, qualcuna inedita. «Il 10 ottobre 2018 – ricorda Rey nel libro – a Torino viene stipulato l’ atto di fusione del Banco di Napoli in Intesa Sanpaolo Spa Il 26 novembre il Banco di Napoli viene incorporato definitivamente dal Gruppo Intesa Sanpaolo. È la fine del glorioso Banco di Napoli». Ma la ricerca della verità sui suoi responsabili è cominciata.

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