Cerca

Ammazzato e fatto sparire, tutto da rifare: accuse in bilico per il killer

Ammazzato e fatto sparire, tutto da rifare: accuse in bilico per il killer

Omicidio con lupara bianca, l’inchiesta che aveva portato alla sbarra il presunto killer di Vincenzo Pellino torna al punto di partenza o quasi. La Prima sezione della Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio la precedente condanna incassata da Bernardino Crispino per occultamento di cadavere e detenzione di arma. In ordine al fatto di sangue, gli Ermellini hanno invece annullato con rinvio in merito alle aggravanti della recidiva e dell’agevolazione camorristica: secondo la Procura, infatti, il delitto Pellino sarebbe servito a favorire le attività del clan Pezzella. Crispino, difeso dall’avvocato Leopoldo Perone, che già in primo grado era riuscito a cavarsela con una condanna a soli vent’anni, rischia adesso di andare incontro a un’ulteriore riduzione di pena. In primo grado era arrivato l’affondo della Procura, che aveva chiesto per il presunto killer di Vincenzo Pellino 30 anni di reclusione. Uomo del clan Pezzella è imputato per la lupara bianca ad oggi non ancora risolta. Già il tribunale del Riesame aveva confermato la custodia in carcere del presunto killer, ma in seguito la Cassazione aveva annullato l’accusa di armi. I carabinieri del nucleo Investigativo di Castello di Cisterna, a Frattamaggiore, avevano eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei confronti di Bernardino Crispino, all’epoca 34enne, ritenuto dagli investigatori contiguo al clan Pezzella, attivo a Cardito e dintorni. L’uomo doveva rispondere di omicidio volontario in concorso, occultamento di cadavere, porto e detenzione illegale di arma da fuoco, reati aggravati dalle modalità mafiose e finalizzati ad accrescere il prestigio del sodalizio. L’indagine, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia, è nata il 14 febbraio 2021, quando la moglie di Vincenzo Pellino, 44enne, affiliato ai Pezzella, denunciò ai militari dell’Arma la sua scomparsa. Pellino, per gli investigatori, sarebbe stato ucciso da Crispino, con un complice non ancora identificato. Il suo cadavere ad oggi non è stato sinora trovato. Il 13 febbraio la vittima aveva incontrato l’arrestato nei pressi di un esercizio commerciale di Frattamaggiore e i due si erano allontanati a bordo dell’auto di Crispino. Da quel momento nessuno aveva più visto Pellino. Il movente dell’omicidio, stando alla ricostruzione accusatoria, sarebbe da inquadrare nell’ambito di un’epurazione interna alla cosca. Rinviato a giudizio, Crispino rischiava di andare incontro a una condanna esemplare, ma alla fine riuscì a cavarsela vent’anni, condanna poi ribadita anche dai giudici di appello. Del delitto ha tra l’altro parlato di recente il neo pentito Pasquale Cristiano: «Vincenzo Pellino - ha spiegato l’ex capoclan della 167 di Arzano - era il referente di Pezzella nel settore delle estorsioni su Frattamaggiore. Mormile mi disse che fu ucciso su ordine di “pane e ran” (Francesco Pezzella, ndr) e che gli esecutori materiali furono Tonino Capaianca e che Bernardo Crispino aveva avuto in quest’omicidio il ruolo di attirare la vittima in trappola».

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Il Roma

Caratteri rimanenti: 400

Logo Federazione Italiana Liberi Editori