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25 Marzo 2024 - 08:27
NAPOLI. Traffico di droga e telefonini nelle carceri di mezza Italia, accuse in bilico per una della donne accusate di aver fatto parte dell’organizzazione capeggiata da Vincenzo Scognamiglio. Arrestata il 19 marzo, Roberta Cascone, difesa dall’avvocato Giuseppe Perfetto, ha infatti lasciato il carcere in tempi record. Il colpo di scena è avvenuto in seguito all’interrogatorio di garanzia al quale la 53enne è stata sottoposta. L’indagata ha esposto al gip la propria versione dei fatti e quest’ultimo, ritenendo sproporzionata la misura della custodia cautelare in carcere, le ha imposto il solo obbligo di dimora nel comune di Napoli. Già sabato Cascone ha così lasciato il carcere. Tra i destinatari del provvedimento restrittivo c’erano giovani ras di camorra: Ciro Contini dell’Arenaccia, Matteo Balzano di Miano, Giovanni Baratto di Casoria, Cristian Esposito di Bagnoli con la madre Maria Matilde Nappi (moglie di Massimiliano Esposito “’o scognato”). Tutti, come gli altri indagati, da considerare innocenti fino all’eventuale condanna definitiva. Il personaggio principale nella clamorosa vicenda è Vincenzo Scognamiglio, che manovrava i droni disegnando traiettorie particolari per eludere le difese aeree di ogni penitenziario con l’aiuto di Antonio Castiello, incensurato dell’Avellinese, titolare della ditta fornitrice degli apparecchi. Ma in due anni l’inchiesta è giunta al primo bivio con la richiesta della Dda, accolta dal gip, degli arresti. A indagare sono stati i poliziotti del Nucleo investigativo centrale della Penitenziaria, del Servizio centrale operativo della polizia, delle Squadre mobili di Frosinone e Napoli (sezione “Criminalità organizzata” diretta dal vice questore Andrea Olivadese) nonché della Sisco di Napoli. I reati ipotizzati, a seconda delle varie posizioni, sono associazione di tipo mafioso, traffico di stupefacenti, detenzione di armi comuni da sparo e accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte dei detenuti. L’attività investigativa è entrata in convergenza con un’indagine svolta dalla Mobile di Frosinone, originata da una sparatoria avvenuta il 19 settembre 2021 nel carcere di Frosinone, di cui fu protagonista Alessio Peluso, nuova leva del clan Lo Russo di Miano. Gli investigatori si interrogarono su chi avesse fatto entrare la pistola nel penitenziario e la prosecuzione dell’inchiesta ha consentito di scoprire una struttura criminale che garantiva l’approvvigionamento di apparecchi telefonici, sia smartphone che piccoli cellulari, nonché di rilevanti quantità di stupefacente in molteplici strutture penitenziarie, anche con detenuti classificati di massima sicurezza, in Italia. Scognamiglio e i suoi collaboratori erano assoldati da personaggi legati a clan (tra cui alcuni agli Esposito–Nappi di Bagnoli, primi ad avere beneficiato dello stratagemma), che garantivano ai loro detenuti il costante rifornimento di apparecchi di comunicazione e di narcotici, assicurandosi in tal modo il monopolio della distribuzione in ben 19 istituti penitenziari.
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