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Pizzo a tappeto nei cantieri, condannati i nuovi Mallardo

Pizzo a tappeto nei cantieri, condannati i nuovi Mallardo

NAPOLI. Cantieri edili sotto estorsione, condannati i quattro presunti aguzzini in forza al clan Mallardo. Finiti in manette l’estate scorsa, gli imputati sono però riusciti a limitare i danni al termine del processo di primo grado celebrato con il rito abbreviato. Il gup del tribunale di Napoli Ivana Salvatore ha infatti condannato Gaetano Mele a 5 anni e 4 mesi di reclusione, Giuseppe Mele a 5 anni e 4 mesi, Gennaro Maraniello a 6 anni, Nicola Sarnataro a 6 anni ed Ernesto Cecere a 3 anni e 4 mesi. In sede di requisitoria il pubblico ministero aveva chiesto 10 anni di carcere a testa per i due Mele e Sarnataro, 9 anni e 6 mesi per Maraniello e 6 anni per Cecere. Il verdetto ha dunque soddisfatto le aspettative del collegio difensivo (avvocati Luigi Poziello, Celestino Gentile, Alessandro Caserta e Domenico Pennacchio), che è riuscito a limitare i danni per i propri assistiti. Tra il 21 marzo e il 20 aprile scorsi avevano letteralmente seminato il panico tra le ditte edili di Giugliano. «Chi è il masto? Sapete dove dovete venire... dovete venire dai compagni». E ancora: «Dovete togliere mano, altrimenti abbuscate». Oppure: «Scendete, posate i ferri e scendete immediatamente da lì sopra... dovete scendere subito». La nuova paranza di estorsori del clan Mallardo non aveva però fatto i conti con il coraggio di alcune delle vittime e con il tempismo investigativo dei carabinieri della compagnia di Giugliano in Campania, che in tempi record hanno chiuso il cerchio delle indagini. La svolta è arrivata quando i militari dell’Arma hanno spezzato la catena del racket eseguendo un decreto di fermo emesso dalla Dda di Napoli e stringendo le manette ai polsi di cinque indagati: Ernesto Cecere, Gennaro Maraniello, Gaetano Mele, Giuseppe Mele e Nicola Sarnataro. Tra loro spiccavano senz’altro i nomi di Cecere e Maraniello, vecchie conoscenze delle forze dell’ordine e già coinvolti in altre importanti inchieste sul clan Mallardo, gruppo capofila insieme ai Contini e ai Licciardi dell’Alleanza di Secondigliano. Tutti sono a vario titolo accusati di tentata estorsione aggravata dal metodo e dalla finalità mafiosa. Le indagini hanno consentito di ricostruire cinque episodi di racket, tutti ai danni di aziende edili che tra marzo e aprile stavano eseguendo lavori di ristrutturazione o efficientamento energetico nel comune di Giugliano. L’inchiesta ha preso piede il 21 marzo, quando Francesco Micillo, socio insieme al padre della Edil Frame, si è presentato in caserma raccontando ciò che gli era accaduto. L’imprenditore ha così riferito di essere stato avvicinato da due soggetti in moto che, senza tanti giri di parole, gli hanno portato la “bussata”: «Chi è il masto? Sapete dove dovete venire, dovete venire dai compagni». In seguito Micillo sarebbe stato raggiunto nei pressi di casa dai cugini Mele, i quali gli avrebbero rivolto un ulteriore e più perentorio “invito”: «Voi chi siete? Appresentatevi dai compagni». L’imprenditore, con coraggio e senso civico, si sarebbe invece presentato dai carabinieri dando il via all’inchiesta.

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