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Ammazzato e sciolto nell’acido, nuova svolta sul delitto Giaccio

Ammazzato e sciolto nell’acido, nuova svolta sul delitto Giaccio

NAPOLI. Dopo i mandanti, il presunto esecutore materiale e i complici. Grazie a un altro pentimento nelle file del clan Polverino è stato piazzato un ulteriore tassello investigativo che potrebbe portare alla verità sulla tragica fine di Giulio Giaccio, 26enne di Pianura vittima di una delle più scellerate pagine di camorra della storia: ucciso per uno scambio di persona. L’aiuto agli inquirenti lo ha fornito il neo pentito Giuseppe Ruggiero, ex affiliato di spicco al gruppo di Marano, le cui dichiarazioni hanno portato ieri all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico del 52enne Raffaele D’Alterio, del 54enne Luigi De Cristofaro “’o mellone” e del 56enne Salvatore Simioli “’o sciacallo”. Secondo l’accusa il primo avrebbe sparato alla testa del giovane sequestrato dai malviventi fintisi poliziotti con gli altri due a bordo di una Punto rossa rubata. Con loro c’era anche Roberto Perrone, altro collaboratore di giustizia, reo confesso. La sfortuna nera di assomigliare a un coetaneo che frequentava la sorella di un ras del clan Polverino costò la vita a Giulio Giaccio, scomparso il 30 luglio 2000, il cui corpo fu sciolto nell’acido. Salvatore Cammarota era contrario alla relazione e avrebbe ordinato il delitto: un movente e una dinamica incredibili, tanto più che i sicari cercavano un tale “Salvatore” e furono tratti in errore dall’informazione di un amico, anch’egli vicino al gruppo malavitoso di Marano, che indicò loro il muratore fermo in piazzetta Romani su una moto. Caricato in auto con la scusa di un controllo in commissariato, l’incensurato fu ucciso durante il tragitto. Una storia orribile da mafia per la quale il 21 dicembre 2022 ricevettero la notifica di una misura cautelare in carcere rispettivamente a L’Aquila e a Livorno (dove già si trovavano per altri reati) Salvatore Cammarota, 56enne genero di Antonio Polverino “Zì Totonno”, e lo zio Carlo Nappi “’o sparviero”, 65enne esponente storico di spicco del clan. Ferma restando per tutti gli indagati nell’inchiesta (finora andata avanti in due fasi) la presunzione d’innocenza fino all’eventuale condanna definitiva, secondo gli inquirenti il primo fu il mandante mentre l’altro l’organizzatore del delitto. A partecipare alla fase esecutiva, ma senza sparare, c’era anche Roberto Perrone detto “Paperone”, poi diventato collaboratore di giustizia. Proprio lui per primo ha parlato della lupara bianca e man mano i carabinieri del Nucleo investigativo del reparto territoriale di Napoli coordinati dalla Dda, hanno stretto il cerchio intorno ai responsabili. I pentiti hanno fatto anche i nomi di Raffaele D’Alterio, Luigi De Cristofaro e Salvatore Simioli, per i quali servivano ulteriori riscontri emersi con le recenti dichiarazioni di Ruggiero. Giulio Giaccio fu costretto a salire in una Fiat Uno rossa mentre si trovava in compagnia d un amico che subito avvisò i familiari dell’operaio edile. Partirono le telefonate alle forze dell’ordine, ma nessuno sapeva niente e il giorno dopo il testimone presentò una denuncia.

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