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28 Marzo 2024 - 08:00
NAPOLI. «Noi ci chiamammo fuori perché ritenevamo incomprensibile uccidere una persona per una relazione amorosa. Nappi e Cammarota ne parlarono con me, Fabio Allegro e Sabatino Cerullo, ma da subito tutti e tre ci tirammo indietro». Era il 27 ottobre 2023 quando Giuseppe Ruggiero (nella foto), in passato vicino a Carlo Nappi e ad altri esponenti del clan con cui aveva diviso pure la latitanza, parlò dell’omicidio di Giulio Giaccio. Ecco alcuni passaggi dell’interrogatorio, con la consueta premessa che le persone citate devono essere ritenute estranee ai fatti narrati fino a prova contraria. Dalle frasi del neo collaboratore di giustizia traspare secondo gli inquirenti la conoscenza approfondita della vicenda proprio grazie ai rapporti dell’uomo con personaggi di spicco del gruppo di Marano. “Della dinamica e delle persone coinvolte fui messo al corrente”, ha messo a verbale Giuseppe Ruggiero, “dopo due giorni da Raffaele D’Alterio, Roberto Perrone, Salvatore Simioli “o sciacallo” e Luigi De Cristofaro “mellone”. Costoro mi dissero che il gruppo di fuoco era composto da loro stessi presenti nell’autovettura a bordo della quale fu fatta salire la vittima e a bordo della quale fu uccisa. Da quello che mi fu raccontato, a sparare era stato Raffaele D’Alterio, il quale abbassò la testa del ragazzo tra le ginocchia e gli sparò alla nuca. “Zio Totonno” (Antonio Polverino) prese molto male tale vicenda, di cui non era stato informato. Anzi, venne da noi a informarsi su chi potesse essere stato, appartenendo la vittima a una buona famiglia di Marano. Visto l’atteggiamento piuttosto alterato di “zio Totonno” negammo tutti di sapere qualcosa, sia noi che c’eravamo “chiamati fuori” sin da subito che il Cammarota e il Nappi che quel delitto avevano commissionato”.
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