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L’affare dei telefonini in carcere

L’affare dei telefonini in carcere

I cellulari all’interno del penitenziario venivano venduti al prezzo di 500 euro l’uno

NAPOLI. «I telefoni che consegnavano a noi detenuti all’esterno costavano 15 euro, all’interno 500». Così il pentito Pietro Izzo ha svelato agli inquirenti un altro aspetto dell’affare dei cellulari, introdotti nel carcere di Secondigliano attraverso i droni modificati per evitare di essere intercettati dalla barriera aerea. Il business ha prosperato per anni, considerando che quasi tutti i carcerati avevano un disperato bisogno di comunicare con il mondo esterno. Di ciò hanno parlato anche Antonio Cocci e Youssef Aboumouslim, con quest’ultimo che ha confessato di avere acquistato online un drone prima di essere arrestato e di averlo fatto arrivare a una parente di Lucio Musella. Dalle loro dichiarazioni è emersa pure la figura di un incensurato, indicato come il “fotografo” e individuato dalla Dda in Antonio Gianpaolo Talletti. Naturalmente lui e tutti gli altri indagati devono essere ritenuti innocenti fino all’eventuale condanna definitiva. «Capivo dai discorsi dei compagni di cella - ha messo a verbale Izzo - che il drone era nella disponibilità di un fotografo perché a volte dicevano che la consegna non sarebbe potuta avvenire in quanto quest’ultimo era impegnato per un matrimonio. Con la gestione dei droni si guadagnava bene perché Michele di Mauro mi disse che il fotografa, che lo guidava di notte e da un luogo isolato a poca distanza dal carcere, per ogni consegna percepiva circa 2500 euro». Youssef Aboumouslim ha riferito ai pm della Procura antimafia che Lucio Musella, che con cui era finito in manette per estorsione, con il drone aveva avviato il traffico con un detenuto di Casoria. «Ho saputo da Musella che colui che manovrava il drone si metteva sul terrazzo di un palazzo di fronte all’ingresso del carcere di Secondigliano. In precedenza la stessa attività era compiuta facendo partire il drone dal vicino campo rom. Poi essendo stati scoperti, avevano dovuto cambiare zona. Le consegne avvenivano sempre di notte». Altro personaggio importante nella clamorosa vicenda è Vincenzo Scognamiglio, che manovrava i droni disegnando traiettorie particolari per eludere le difese aeree di ogni penitenziario con l’aiuto di Antonio Castiello, incensurato dell’Avellinese, titolare della ditta fornitrice degli apparecchi. Ma in due anni l’inchiesta è giunta al primo bivio con la richiesta della Dda, accolta dal gip, degli arresti. A indagare sono stati i poliziotti del Nucleo investigativo centrale della Penitenziaria, del Servizio centrale operativo della polizia, delle Squadre Mobili di Frosinone e Napoli, sezione Criminalità organizzata, nonché della Sisco di Napoli. I reati ipotizzati, a seconda delle varie posizioni, sono associazione di tipo mafioso, traffico di stupefacenti, detenzione di armi comuni da sparo e accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte dei detenuti. L’attività investigativa è entrata in convergenza con un’indagine svolta dalla Mobile di Frosinone, originata da una sparatoria avvenuta il 19 settembre 2021 nel carcere di Frosinone.

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