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08 Aprile 2024 - 09:12
Il calcolo del cumulo deve essere ricalcolato e il ras del clan Contini rischia di lasciare il carcere prima del previsto. È un colpo di scena a dir poco clamoroso quello che ha riguardato Ettore Bosti, elemento di spicco dell’Alleanza di Secondigliano, a favore del quale si è pronunciata la Corte di Cassazione. I giudici di piazza Cavour hanno infatti accolto il ricorso dei legali di Bosti, i penalisti Domenico Dello Iacono e Andrea Imperato, ritenendo che il conteggio delle quattro precedenti condanne non fosse corretto e che pertanto deve essere rifatto. Ettori Bosti aveva fin qui rimediato un totale di trent’anni di reclusione, ma con il prossimo pronunciamento il cumulo potrebbe scendere a vent’anni e in quel caso per lui potrebbero davvero riaprirsi le porte del carcere. Uno scenario che rischia di innescare non poche fibrillazioni negli ambienti criminali del capoluogo campano. Già due anni fa il figlio del capoclan Patrizio Bosti aveva incassato un importante verdetto favorevole. Oggetto della “contesa” l’omicidio di Ciro Fontanarosa, che porterebbe la firma dei vertici del clan Amato-Pagano e non, come sostenuto dal defunto collaboratore di giustizia Vincenzo De Feo, del ras dei Contini, Ettore Bosti. Eppure proprio quest’ultimo, insieme al presunto esecutore materiale Vincenzo Capozzoli, si è ritrovato per anni alla sbarra con la pesante accusa di essere il mandante del delitto del 2009. Ebbene, la quinta sezione della Corte d’assise d’appello di Napoli aveva confermato l’assoluzione per i due imputati eccellenti. Doccia gelata, dunque, per la Procura che aveva impugnato il verdetto di primo puntando tutto su alcune nuove intercettazioni ambientali che sembravano finalmente inchiodare “Ettoruccio ’o russo” alle proprie responsabilità. Il nuovo colpo di scena era però in agguato ed è maturato quando la difesa di Bosti ha prodotto delle inedite dichiarazioni di Carmine Cerrato, alias “Taekwondo”, ex capo degli Scissionisti di Secondigliano, il quale nel luglio del 2014 ha fornito agli inquirenti della Dda una circostanzia ricostruzione del delitto Fontanarosa. Il super pentito ha prima inquadrato il movente del raid parlando di un regolamento di conti scaturito da un giro di rapine di Rolex fatte ai danni delle persone “sbagliate”, vale a dire alcuni ras del clan Amato-Pagano che non avrebbero tardato a presentargli il conto. L’ex boss ha poi fornito nomi e cognomi di mandanti e killer. Ebbene, in quell’elenco non compariva né Ettore Bosti né Vincenzo Capozzoli. Per i due imputati i giudici della quinta sezione della Corte d’assise d’appello, preso atto della grave incertezza del quadro indiziario, aveva dunque disposto la conferma delle assoluzioni di primo grado. E questo vuol dire adesso una cosa soltanto: dopo quasi dodici anni le indagini sull’omicidio del 17enne Ciro Fontanarosa dovranno tornare necessariamente al punto di partenza. Secondo il pentito De Feo, Fontanarosa era stato invece assassinato per il suo rifiuto di affiliarsi al clan Contini.
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